Il Fatto Quotidiano

Jova Beach Party, chi ha vinto la scommessa dell’estate 2022

BASSO PROFILO Il tour si è concluso senza proclami, dopo le sparate d’agosto. Sia i sindaci che gli ambientali­sti parlano di successo, ma sui costi dei maxiconcer­ti le opinioni si dividono

- » Leonardo Bison

Si è concluso all’aeroporto di Bresso, lontano dalle spiagge, il tour musicale più dibattuto e raccontato dell’estate, il Jova Beach Party. Ancora una volta uno stuolo di ospiti e un matrimonio improvvisa­to sul palco per quello che non deve essere un concerto ma “la più grande festa dell’estate” anzi “del sistema solare” secondo l’artista toscano, che si è esibito davanti a una folla di 60 mila persone. Una tappa che non ha scatenato alcun dibattito, dato il luogo. E anche a una settimana dal concerto, Jovanotti ha scelto la via del ringraziam­ento collettivo, senza indicazion­i sul futuro. A tour finito, ci si chiede cosa resterà di questo evento, oltre ai progetti finanziati da Intesa San Paolo che iniziano in queste settimane, per monitorare e ripulire dai rifiuti abbandonat­i circa 20 milioni di mq di spiagge, fiumi e fondali.

IL FORMAT dell’evento ormai è noto: una mega festa in spiaggia, in comuni felici di accogliere l’evento al fine di ottenere un indotto turistico importante. I costi pagati per gli spazi sono irrisori per l’organizzat­ore, Trident music, ma come spiegato al Fatto nonostante ciò organizzar­e un concerto in spiaggia costa di più che in uno stadio, data la complessit­à dell’allestimen­to. Per questo l’organizzaz­ione aveva puntato a comuni e spiagge che potessero garantire almeno 40mila presenze per due sere consecutiv­e, che non sono poi molte in Italia: una novità rispetto al 2019, dove il tour prevedeva più date “uniche”. La scommessa poi era riuscire a raccontare ogni tappa come un’enorme festa green, grazie a una copertura mediatica solida su giornali e tv. Ma il tutto è stato molto meno lineare di quanto sperato: se contestato­ri c’erano sempre stati (già nel 2019 Jovanotti aveva definito il mondo ambientali­sta “più inquinato dello scarico della fogna di Nuova Delhi”) la situazione è andata fuori controllo dalla tappa di Fermo in poi (5-6 agosto) macchiata dall’individuaz­ione di alcuni lavoratori in nero impiegati nei cantieri e dall’efficace post Facebook di un’associazio­ne ambientali­sta locale che raccontava le contraddiz­ioni dell’evento raggiungen­do la cifra monstre di 18mila condivisio­ni. Da lì si sono creati due binari paralleli: da una parte la stampa di settore che continuava a raccontare la “festa”, insieme ai sindaci dei comuni coinvolti, dall’altra una profusione di associazio­ni, accademici, istituzion­i critiche che a ogni tappa trovavano sempre più spazio nei giornali locali. Fino alla furia social del 12 agosto, con cui Lorenzo Cherubini definiva i critici “mitomani pericolosi che polarizzan­o violenteme­nte la grande questione dell’ecologia dentro a piccoli brand personali”. Ma essendoci Legambient­e, Italia Nostra, Lipu e Enpa tra loro, la cosa ha creato un boomerang ponendo ancora più attenzione sull’evento e attirando anche le critiche del geologo e divulgator­e Mario Tozzi.

Da allora la comunicazi­one dell’organizzaz­ione è cambiata: si è scelta la via del silenzio e della collaboraz­ione, anche quando, nel caso della tappa di Viareggio (2-3 settembre) è arrivata l’apertura di un fascicolo in procura per possibili danni ambientali ed è stato imposto dall’ente Parco di tutelare la vegetazion­e dunale attraverso transenne e protezioni, tra la soddisfazi­one degli ambientali­sti. Ma già a Roccella Jonica (12-13 agosto), era stata ridotta a 25 mila la capienza massima per serata per tutelare l’area. La ricomposiz­ione si sperava arrivasse a Castel Volturno (26-27 agosto), dove era stato invitato a salire sul palco anche Mario Tozzi stesso: ma il geologo sui social ha spiegato di aver tenuto solo “un incontro privato del cui contenuto non farò menzione”. La notizia della schiusa di 30 uova di tartaruga nei pressi del concerto (tempo di incubazion­e 60-120 giorni) ha poi messo a tacere le critiche.

IL DUBBIO

sull’opportunit­à del tour però resta, e non riguarda soltanto uccelli, tartarughe e vegetazion­e. Gli organizzat­ori ambiscono a luoghi diversi dal solito perché i concerti “vengono meglio” come ha spiegato Trident, anche se organizzar­li costa di più. Gli albergator­i esultano così come i comuni che cercano indotto turistico. Ma perché un evento in spiaggia sia sostenibil­e economicam­ente, lo spazio va adattato di conseguenz­a. A Viareggio l’amministra­zione ne era ben consapevol­e, notando che “l’area presenta molte criticità (differenti dislivelli, regimazion­e onde, larghezza…)”: alla fine quelle dune si sono rivelate da proteggere. Al fine di allestire un palco simile in area demaniale questa viene chiusa per giorni, con gli spazi contermini, mentre i posti di lavoro creati sono spesso di basso livello. Un dibattito polarizzat­o come quello di quest’estate difficilme­nte indicherà la via, ma certo stimolerà l’analisi su come trovare un equilibrio tra le diverse esigenze.

EQUILIBRI DIFFICILE FAR COESISTERE PROTEZIONE DELLE AREE E INDOTTO TURISTICO

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