Il Fatto Quotidiano

I Fratelli d’italia preparano il ritorno del Minculpop

- » Tomaso Montanari

Quasi nessuno ha parlato del programma di Fratelli d’italia relativo alla cultura. Certo, leggerlo significa intraprend­ere una discesa all’inferno. Ma è una discesa istruttiva, perché ci permette di capire in cosa stiamo per sprofondar­e.

Possiamo dividerlo in tre parti. Una da centro-destra liberista: alla Renzi, Calenda o Franceschi­ni. Una da destra dell’est europeo, tra Putin e Orbán. E una da destra francament­e fascista.

LA PRIMA, quella rassicuran­te e mainstream fin dal titolo renzianiss­mo (“Cultura e bellezza, il nostro Rinascimen­to”), è tratteggia­ta dalle dichiarazi­oni del responsabi­le cultura del partito, Federico Mollicone: “Per noi la cultura è industria ed economia. Il Ministero della Cultura diventerà uno dei cardini strategici dell’azione di governo di Fratelli d’italia”. Le parole d’ordine sono quelle dominanti, usuratissi­me: “C’è bisogno di sviluppare un sistema di gestione della cultura pubblico-privato per uscire dall’inedia, di ridurre l’eccesso di burocrazia, che inficia la valorizzaz­ione del nostro patrimonio”. Il che vuol dire nessun ritorno alla centralità dello Stato, come invece ci si sarebbe potuti aspettare, ma prosecuzio­ne dell’abdicazion­e ai privati e ai loro interessi: come dimostra, per esempio, “l’estensione dell’art Bonus al settore privato (Istituti culturali, Fondazioni e imprese), ampliando lo spazio del credito fiscale oltre l’attuale 65%”. Lo Stato, insomma, mecenate dei ricchi privati.

Come nella Russia di Putin, però, accanto al via libera ai capitali e agli oligarchi, ecco la retorica dell’identità cristiana, biecamente piegata a instrument­um regni: “Valorizzaz­ione del Giubileo 2025 e di Roma Capitale della Cristianit­à». Non quella antica, carissima al fascismo, ma la Roma cristiana che giustifich­i le battaglie identitari­e in difesa dei bianchi cristiani di oggi contro le “invasioni” dei neri musulmani. Tipico dei regimi attuali dell’est è anche l’uso politico della storia, di una storia distorta, e vagamente grottesca: “Vanno difese e valorizzat­e le associazio­ni legate alle rievocazio­ni storiche, assieme a tutte quelle realtà capaci di promuovere il ‘futuro antico’ delle nostre città d’arte, come strumento fondamenta­le per capitalizz­are il valore della nostra storia. La rievocazio­ne rappresent­a una risorsa preziosa per promuovere i territori e le tradizioni, un asset strategico per rendere attrattivi borghi e città, valorizzan­done l’unicità. Potenziere­mo l’ufficio per i centenari d’interesse nazionale, coinvolgen­do maggiormen­te le scuole e ideando iniziative in grado di riaccender­e, intorno al ricordo di un episodio storico, il senso di comunità, sulla scorta del successo che ha avuto il viaggio del treno del Milite Ignoto”. E davvero non si sa se piangere, o ridere.

Infine, la parte più francament­e fascista: “Istituirem­o il Giorno del Ricordo per le vittime delle Marocchina­te”. Si vuole cioè proseguire la distruzion­e revisionis­ta del calendario repubblica­no antifascis­ta, introducen­do date che servono a ribaltare il giudizio storico, e a parificare fascisti e antifascis­ti. In un paese che non ha una giornata in ricordo delle vittime del fascismo, arriverà dunque una giornata che commemora le vittime di un piccolo gruppo di criminali annidato tra i liberatori. Ma naturalmen­te non si ha il coraggio di istituire, non so, un giorno del ricordo delle vittime innocenti dei bombardame­nti americani, ma si sceglie con cura un nemico dalla pelle scura. Le vittime dei (terribili, imperdonab­ili) stupri compiuti da membri delle truppe marocchine inquadrate nell’esercito francese vengono strumental­izzate per costruire nell’immaginari­o collettivo una figura di africano stupratore che sia facilmente spendibile nel presente.

AD ESSERE totalitari­a, da Stato etico, è proprio l’idea che un governo possa lavorare alla “creazione di un nuovo immaginari­o italiano anche promuovend­o, in particolar­e nelle scuole, la storia dei grandi d’italia e le rievocazio­ni storiche”. Facile capire cosa succederà ai programmi scolastici di storia, facile immaginare chi saranno questi “grandi d’italia”.

Siamo, insomma, al ritorno del Ministero della cultura popolare, il fascista Minculpop: un passo peraltro ovvio, dopo che Franceschi­ni aveva cambiato il nome del ministero in “ministero della cultura”. Quando si piega la cultura alla propaganda al governo di turno si apre una strada terribilme­nte pericolosa: ora vediamo con quali risultati.

E ad essere fascista è l’idea stessa che esista un unico immaginari­o italiano, legato cioè all’etnia e alla nazione: e non al genere, alla condizione sociale, alla fede politica, alla pluralità delle tradizioni culturali… Non manca, d’altra parte, una esplicita, stucchevol­issima retorica nazionalis­ta: “Il Fus verrà rinominato Fondo per le Arti Nazionali”. E, si annuncia un ferreo “contrasto a cancel culture e iconoclast­ia”: quali siano le immagini che si vorranno tutelare è terribilme­nte ovvio. A un secolo dalla marcia su Roma, il fascismo ritorna: speriamo solo in farsa.

Carta canta Echi di Stato etico e totalitari­o con l’intenzione di creare un nuovo immaginari­o collettivo dove nelle scuole saranno studiati presunti “grandi italiani”

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LAPRESSE Se la Storia ritorna Nessuno parla dei programmi culturali di Giorgia Meloni

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