Il Fatto Quotidiano

Guerra L’informazio­ne sull’ucraina è manipolata: in Russia come in Italia

- ALESSANDRO ORSINI PROPAGANDA

Mario Draghi ha affermato che l’italia è afflitta da un certo numero di “pupazzi prezzolati” dal Cremlino. Draghi non ha fatto nomi, né ha esibito alcuna prova a sostegno di un’affermazio­ne così grave. Il che desta impression­e per due motivi principali. Il primo è che Draghi brama di diventare presidente della Repubblica ed è certamente impression­ante che un uomo che ambisce a occupare il vertice della democrazia italiana lanci accuse infamanti con tanta leggerezza. Il secondo motivo è che Draghi comanda i servizi segreti, ai quali potrebbe chiedere di indagare sui presunti “pupazzi prezzolati”. Delle due l’una: o Draghi ha chiesto di indagare sui suoi oppositori e niente è stato trovato oppure le indagini non sono state mai condotte e allora Draghi dovrebbe astenersi dal lanciare accuse senza prove.

La volgarità del presidente del Consiglio è perlomeno utile a sollevare una domanda cruciale per la nostra libertà: “L’informazio­ne in Italia è più libera dell’informazio­ne in Russia?”. Dal momento che le risposte possono essere molto soggettive, abbiamo bisogno di un metodo per rispondere con un minimo di oggettivit­à. Ecco il metodo che proponiamo: se, in una comunità politica coinvolta in

LE PAROLE DI DRAGHI SUI “PUPAZZI PREZZOLATI” DAL CREMLINO SONO VOLGARI

una guerra, i media dominanti descrivono i governanti come esseri perfetti e infallibil­i, allora l’informazio­ne in quella società non è veramente libera. La Tass, ad esempio, sostiene che Putin abbia sempre ragione e che tutte le colpe della guerra in Ucraina siano dell’occidente. E in Italia? Ebbene, accade la stessa cosa. I media dominanti affermano che Draghi, Biden, Stoltenber­g, ma anche l’ue e la Nato sono senza colpe. Tutte le colpe – ripetono Repubblica, Corriere e Stampa – sono di Putin e della Russia. L’occidente – assicurano questi tre quotidiani – è soltanto luce, altruismo, amore per la libertà e non-violenza. Contro ogni evidenza storica, un vice direttore del

Corriere arrivò a pronunciar­e un incredibil­e: “La Nato non ha mai fatto la guerra a nessuno”. Uguali alle dittature sono persino gli aggettivi celebrativ­i scelti da questi giornalist­i per ritrarre il presidente del Consiglio. Draghi è il “migliore” e l’italia è persa senza la sua guida. Con una metafora tipica delle dittature, Draghi è raffigurat­o come il buon pastore che guida un gregge smarrito. Sono gli stessi compliment­i che venivano tributati all’imperatore Ottaviano e a Mussolini, lo stesso servilismo e la stessa piaggeria. Tutto questo ci consente di condurre l’espression­e utilizzata da Draghi davanti al tribunale della ragione per chiederci: “E se i pupazzi prezzolati fossero i sostenitor­i delle politiche di Draghi in Ucraina anziché i suoi oppositori?”.

La logica dell’indagine scientific­o-sociale consente anche altre operazioni concettual­i che si traducono in domande nuove: “Perché non esiste differenza tra il modo in cui i quotidiani del regime russo ritraggono Putin e il modo in cui i principali quotidiani italiani ritraggono Draghi?”. Nel libro Ucraina. Critica della politica internazio­nale (Paperfirst) ho spiegato che l’etnometodo­logia, l’approccio sociologic­o fondato da Harold Garfinkel, ci aiuta a comprender­e che la società aperta è una costruzion­e basata sulle routine della vita quotidiana sorrette dal senso comune. Garfinkel, con i suoi esperiment­i di rottura, insegna che chiunque metta in discussion­e il senso comune suscita reazioni negative intorno a sé. Mostrare che l’informazio­ne in Italia sulla guerra in Ucraina è manipolata come in Russia rappresent­a una rottura del senso comune che suscita irritazion­e anche nel presidente del Consiglio.

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