Guerra L’informazione sull’ucraina è manipolata: in Russia come in Italia
Mario Draghi ha affermato che l’italia è afflitta da un certo numero di “pupazzi prezzolati” dal Cremlino. Draghi non ha fatto nomi, né ha esibito alcuna prova a sostegno di un’affermazione così grave. Il che desta impressione per due motivi principali. Il primo è che Draghi brama di diventare presidente della Repubblica ed è certamente impressionante che un uomo che ambisce a occupare il vertice della democrazia italiana lanci accuse infamanti con tanta leggerezza. Il secondo motivo è che Draghi comanda i servizi segreti, ai quali potrebbe chiedere di indagare sui presunti “pupazzi prezzolati”. Delle due l’una: o Draghi ha chiesto di indagare sui suoi oppositori e niente è stato trovato oppure le indagini non sono state mai condotte e allora Draghi dovrebbe astenersi dal lanciare accuse senza prove.
La volgarità del presidente del Consiglio è perlomeno utile a sollevare una domanda cruciale per la nostra libertà: “L’informazione in Italia è più libera dell’informazione in Russia?”. Dal momento che le risposte possono essere molto soggettive, abbiamo bisogno di un metodo per rispondere con un minimo di oggettività. Ecco il metodo che proponiamo: se, in una comunità politica coinvolta in
LE PAROLE DI DRAGHI SUI “PUPAZZI PREZZOLATI” DAL CREMLINO SONO VOLGARI
una guerra, i media dominanti descrivono i governanti come esseri perfetti e infallibili, allora l’informazione in quella società non è veramente libera. La Tass, ad esempio, sostiene che Putin abbia sempre ragione e che tutte le colpe della guerra in Ucraina siano dell’occidente. E in Italia? Ebbene, accade la stessa cosa. I media dominanti affermano che Draghi, Biden, Stoltenberg, ma anche l’ue e la Nato sono senza colpe. Tutte le colpe – ripetono Repubblica, Corriere e Stampa – sono di Putin e della Russia. L’occidente – assicurano questi tre quotidiani – è soltanto luce, altruismo, amore per la libertà e non-violenza. Contro ogni evidenza storica, un vice direttore del
Corriere arrivò a pronunciare un incredibile: “La Nato non ha mai fatto la guerra a nessuno”. Uguali alle dittature sono persino gli aggettivi celebrativi scelti da questi giornalisti per ritrarre il presidente del Consiglio. Draghi è il “migliore” e l’italia è persa senza la sua guida. Con una metafora tipica delle dittature, Draghi è raffigurato come il buon pastore che guida un gregge smarrito. Sono gli stessi complimenti che venivano tributati all’imperatore Ottaviano e a Mussolini, lo stesso servilismo e la stessa piaggeria. Tutto questo ci consente di condurre l’espressione utilizzata da Draghi davanti al tribunale della ragione per chiederci: “E se i pupazzi prezzolati fossero i sostenitori delle politiche di Draghi in Ucraina anziché i suoi oppositori?”.
La logica dell’indagine scientifico-sociale consente anche altre operazioni concettuali che si traducono in domande nuove: “Perché non esiste differenza tra il modo in cui i quotidiani del regime russo ritraggono Putin e il modo in cui i principali quotidiani italiani ritraggono Draghi?”. Nel libro Ucraina. Critica della politica internazionale (Paperfirst) ho spiegato che l’etnometodologia, l’approccio sociologico fondato da Harold Garfinkel, ci aiuta a comprendere che la società aperta è una costruzione basata sulle routine della vita quotidiana sorrette dal senso comune. Garfinkel, con i suoi esperimenti di rottura, insegna che chiunque metta in discussione il senso comune suscita reazioni negative intorno a sé. Mostrare che l’informazione in Italia sulla guerra in Ucraina è manipolata come in Russia rappresenta una rottura del senso comune che suscita irritazione anche nel presidente del Consiglio.