Piano Ue, Fitto: no al blitz per cambiare i dirigenti
Dopo giorni di malumori, lo scontro si è materializzato martedì pomeriggio a Palazzo Chigi. Intorno al tavolo buona parte del governo, ma anche i rappresentanti di Regioni, Province e Comuni. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha convocato tutti per fare un primo punto sul dossier più importante del suo governo: il Pnrr. Accanto a lei c’è Raffaele Fitto, ministro delle Politiche europee, di Coesione e del Sud a cui Meloni ha affidato la supervisione del Piano di Ripresa e Resilienza (erediterà la cabina di regia che era di Roberto Garofoli) ma non solo: sarà con lui che dovranno confrontarsi le unità di missione dei ministeri, tra cui quella centrale del ministero dell’economia e delle Finanze. Un accentramento che preoccupa soprattutto Matteo Salvini che ha piazzato il viceministro Edoardo Rixi alle Infrastrutture e Alessandro Morelli al Dipartimento per la Programmazione Economica di Palazzo Chigi per avere il controllo su appalti e grandi opere. Il ruolo di Fitto sul Pnrr alla Lega non va molto giù. E lo esterna durante la riunione. Interviene proprio Morelli: “Noi chiediamo di poter cambiare la governance delle unità di missioni dei ministeri, a partire dai dirigenti”. Insomma, visto che Meloni si è presa la supervisione dei fondi, il Carroccio almeno vuole nominare i fedelissimi nei propri ministeri. Lo spoils system sui soldi europei. Ma la risposta della premier è netta: “Restano le strutture esistenti”. Un no secco. Meloni ha ereditato da Draghi i dirigenti a capo delle unità di missione e non ha molta voglia di cambiarli, soprattutto per non perdere altro tempo: la Lega invece avrebbe messo nel mirino Davide Ciferri, capo dell’unità di missione del Pnrr al ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini, uomo scelto a suo tempo dal predecessore Enrico Giovannini. Fitto sulla possibilità di spostare qualche burocrate non chiude la
GOVERNANCE SALVINI VUOLE SUOI UOMINI NEI MINISTERI
porta ma vole valutare caso per caso: martedì inizierà riunioni a “batteria” di un’ora ciascuno con tutti i ministri per capire quali sono le criticità sui progetti del Pnrr e capire come implementarli o modificarli. La governance del Piano rimane la stessa di Draghi, ma Fitto non esclude cambiamenti se qualche ministro lo chiederà. Con un principio di fondo: deciderà Palazzo Chigi non i ministri che hanno voglia di fare “piazza pulita” per ragioni politiche.
AL MOMENTO, infatti, la priorità è prepararsi alla fase attuativa del Pnrr, quando si spenderanno i fondi, e avviare un negoziato con la Commissione per rivedere quel che si può del piano, che “è stato redatto prima della guerra”, ha detto ieri il ministro da Bruxelles dove ha incontrato il vicepresidente, Maros Sef
covic, e la Commissaria alla Coesione, Elisa Ferreira, con cui ha discusso della situazione “disastrosa” dei fondi 2014-2021 dove la spesa italiana “è ferma al 50%”.
Martedì ci sarà una prima ricognizione. Dei 50 obiettivi da centrare entro fine anno, 25 sono stati raggiunti e si capirà quante criticità sussistono sugli altri. Finora sono stati centrati soprattutto traguardi giuridico-amministrativi (milestones), ora tocca agli obiettivi di spesa (target): nel 2023 ben 46 contro i 17 del 2022 e i 2 del 2021. È questo scenario che preoccupa il governo, con gli enti locali che mercoledì hanno manifestato molte difficoltà. Il governo non pare intenzionato a mettere altri fondi e quindi andranno rivisti gli obiettivi e, per quel che si può, alcuni progetti. Un appiglio arriverà dal Repower Eu, il piano europeo per affrontare la crisi energetica che andrà inserito nel Pnrr. Ieri, Lilia Cavallari dell’upb ha ricordato che il piano vale il grosso della (poca) crescita futura e “per questo bisogna evitare che venga ulteriormente rimodulato”.
CARLO DI FOGGIA E GIACOMO SALVINI