Meno Letizia, più sinistra: pomeriggio al Circolo Marchesi
Nella sala grande c’è un murale, a tutta parete, che ritrae Marx, Gramsci, Lenin, il comandante partigiano Giovanni Pesce. È un venerdì pomeriggio di un autunno caldo, almeno per la temperatura. A Milano, al circolo Concetto Marchesi – illustre latinista e intellettuale comunista – si presenta l’ultimo libro di Stefano Fassina: Il mestiere della sinistra, da qualche settimana in libreria per Castelvecchi, è un prezioso manifesto di analisi e proposte da cui provare a ripartire, senza reticenze e timori, con il lavoro a fare da bussola. Insieme all’autore ci sono Alessandra Todde, vicepresidente del Movimento 5 Stelle, e Pierfrancesco Majorino, eurodeputato Pd: il campo è largo. E in sala c’è un sacco di gente: età media alta, ma tra il pubblico spunta anche qualche viso giovane. Sono cittadini informati, militanti di comitati civici, ambientalisti, volontari di associazioni, gente che vuole ancora parlare di legalità e diritti, perfino di legge elettorale. Qualcuno in tasca aveva la tessera del Pci, qualcuno ha fatto la staffetta partigiana, qualcuno lo abbiamo incrociato nella lunga campagna contro la riforma Renzi-boschi.
SI COMINCIA alle sei a parlare di lavoro dimenticato, di povertà dilagante, di conflitto sociale assente e rimosso, di guerra, di diritti civili, dell’incognita di un governo nero. La domanda centrale, da cui tutto discende, è questa: “Perché noi, la sinistra, siamo caduti così in basso di fronte all’aggravamento delle condizioni sociali del lavoro e delle classi medie?”. Due ore dopo, sono ancora tutti lì. Tra le grandi questioni (che sono anche contraddizioni e insanabili distanze nel campo largo) c’è spazio per le notizie locali. Che poi
“locali” mica tanto. Letizia Moratti, ma davvero volete candidarla? Lo chiedono molti compagni (si è stabilito in precedenza che la parola si può ancora usare) a Majorino che risponde sorridendo, perché mentre entrava lo avranno fermato in dieci e tutti con la stessa domanda, variamente declinata (non è possibile, sarete mica matti). Lui risponde secco: per me è un gigantesco no, non credo che succederà. Ma qui siamo al circolo Concetto Marchesi, ci sono i militanti a chiedere conto. E allora si discute della riforma sanitaria lombarda che porta anche il nome di Moratti, contro cui un anno fa (come abbiamo ricordato sul Fatto di martedì) il Pd fece una maratona oratoria di 40 ore, denunciando “una legge che favorisce il privato ai danni della sanità pubblica”. E di tutto il ricco curriculum (Rai, riforma universitaria, etc).
Sui giornali si fa un gran parlare della geniale strategia del duo Calenzi che consisterebbe nel rubare voti alla destra e vincere. Ma vincere cosa? E soprattutto con chi? Con una donna di destra che come ultima medaglia sul petto ha una riforma che si basa sull’“equivalenza tra privato e pubblico”, cioè il rafforzamento del sistema Celeste, di cui abbiamo assaggiato la straordinaria efficacia negli anni della pandemia? E poi: cosa vuol dire vincere? Potere a parte, s’intende. Vuol dire mettere una bandierina, ma è una bandiera rotta. Perché va bene che le bandiere rosse non vanno più di moda, ma candidare una bandiera del berlusconismo è più di una resa: vuol dire che idee e valori non contano nulla, che nemmeno si fa più finta, vuol dire un calcio nel sedere agli elettori che ancora credono nella partecipazione. Si sentono (e si leggono) lodi della signora che sarebbe (Repubblica, dio li perdoni) “un’opportunità che richiede uno sforzo”. Più che uno sforzo, un suicidio. I compagni del circolo Concetto Marchesi, seduti per due ore ad ascoltare Fassina, testimoniano che c’è un’opinione pubblica di sinistra, che non è moderata, che si rifiuta di votare turandosi il naso. E che vorrebbe ancora esercitare Il mestiere della sinistra, trovando dei compagni di strada e soprattutto un partito in cui riconoscersi.
A MILANO INCONTRO PER IL LIBRO DI FASSINA: SALA PIENA DI GENTE CHE NON VUOLE L’EX MINISTRA