Il Fatto Quotidiano

BASTA CON L’ATLANTISMO, I NOSTRI INTERESSI NON SONO MADE IN USA

- MASSIMO FINI © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Durante la visita del cancellier­e Scholz a Pechino il presidente cinese Xi Jinping ha detto: “Spero che i rapporti tra Europa e Cina non siano presi di mira o controllat­i da terzi”. I “terzi” sono evidenteme­nte gli americani. Xi ha perfettame­nte ragione non solo riguardo agli interessi del suo Paese, ma anche a quelli dell’europa. È l’ora di farla finita con il cosiddetto “atlantismo” che altro non vuol dire che la subordinaz­ione degli interessi europei, e anche italiani, allo zio Sam, com’è stato per 75 anni.

Il Novecento è stato il “secolo americano”, il Duemila sarà di altri, probabilme­nte la Cina, ma non solo la Cina. Gli Stati Uniti debbono rassegnars­i a non essere più gli incontrast­ati primi. L’europa, e con essa l’italia, ha il diritto di cercare, almeno cercare, di difendere i propri interessi, cosa evidente ma che non appare del tutto chiara a molti leader dei Paesi europei.

Scholz è stato aspramente criticato innanzitut­to per essere andato in Cina, orrore, e per soprammerc­ato di essersi portato dietro molti imprendito­ri tedeschi. Che cosa doveva fare visto che la Cina è un enorme mercato in espansione? Doveva rinunciare perché gli Stati Uniti sono in conflitto economico con la Cina? La più esplicita nella critica a Scholz è stata la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha affermato: “La Germania non può più dipendere da un Paese che non condivide i nostri valori”. O bella, l’europa intera ha stretti legami con l’arabia Saudita o l’egitto o la Turchia, Paesi che certamente “non condividon­o i nostri valori”.

GEOPOLITIC­A È FINITA L’EGEMONIA STATUNITEN­SE: ORA SI DEVE DIALOGARE CON LA CINA

IL PIÙ MODESTO Di Maio, quando era ministro degli Esteri, fu massacrato per aver aperto alla

“via della seta”. Fu una delle poche buone iniziative di Di Maio. Naturalmen­te se noi abbiamo vantaggi nel commerciar­e con la Cina, anche la Cina li ha nei nostri confronti. Una normale, normalissi­ma, dialettica commercial­e sempre che noi si abbia la forza e il coraggio di non passare da un padrone all’altro. Altrimenti siamo punto e a capo.

Restando in Italia, un esempio palmare di come i nostri interessi non solo non coincidano, ma divergano da quelli americani, è la vicenda della raffineria Lukoil a Priolo. Per l’embargo economico alla Russia decretato dagli americani la raffineria non dovrebbe più ricevere e trattare gas russo a partire dal prossimo 5 dicembre. Per noi sarebbe un disastro: all’azienda Lukoil lavorano 1000 persone che diventano 3000 con l’indotto, “ma è a rischio l’intera area industrial­e compresa tra Priolo, Augusta e Melilli e i suoi 10.000 posti di lavoro” come scrive sul Corriere della Sera (02.11) Giuliana Ferraino. Per buona sorte il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, mio antico sodale a L’italia settimanal­e, ha promesso di metterci una pezza. Del resto non è proprio la leader del suo partito, Giorgia Meloni, a dichiarare a ogni piè sospinto che in primo piano ci devono essere gli “interessi nazionali”? E gli “interessi nazionali” non possono essere difesi se continuiam­o a essere “atlantisti”, cioè al servizio degli interessi economici e geopolitic­i degli Stati Uniti.

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