Il Fatto Quotidiano

Serie A, maxi regalo di Meloni “Spalmato” mezzo miliardo

DECRETO AIUTI I club, causa Covid, devono al Fisco 500 mln: pronta una dilazione del 75%, ma l’obiettivo è posticipar­e l’intero pagamento

- Lorenzo Vendemiale

SPAGAMENTO IL SALDO ERA ATTESO ENTRO METÀ DICEMBRE

iamo il calcio, niente tasse. L’ennesimo regalo alla Serie A è già impacchett­ato: dopo Draghi, anche il governo Meloni permetterà alle squadre di posticipar­e i pagamenti saltati in epoca Covid. Una maxi-cartella esattorial­e da almeno mezzo miliardo di euro che i presidenti del pallone avrebbero dovuto saldare a metà dicembre, e invece verseranno solo in parte, o addirittur­a non verseranno proprio: l’accordo raggiunto prevede solo un acconto del 15% del totale e il resto spalmato in comode rate nei prossimi 3-5 anni, ma in extremis qualcuno vorrebbe provare a eliminare anche quel piccolo pagamento iniziale. Comunque vada (mancano le ultime limature), un trionfo per la Serie A che piange miseria.

È PRATICAMEN­TE da un anno che i “ricchi scemi” (ma mica tanto) del pallone non pagano le tasse, a differenza dei comuni mortali. Il primo aiuto di Stato risale a fine 2021, proprio quando la Federcalci­o sembrava intenziona­ta a mettere fine allo stop dei controlli interni durante il Covid che di fatto aveva falsato il campionato (le squadre non pagavano gli stipendi ai calciatori che avevano e poi magari ne compravano). Invece nell’ultima manovra era arrivato il colpo di spugna governativ­o: un comma che sanciva la sospension­e di Irpef e contributi per i primi quattro mesi del 2022, poi estesa in primavera fino alla fine dell’anno. Undici mesi senza obblighi fiscali, con la scusa del Coronaviru­s che ha solo dato la spallata finale ma non è la vera causa della crisi di un sistema che non sta in piedi già da tempo. Una marchetta a otto se non addirittur­a nove zeri, se consideria­mo che nel 2019 la Serie A ha pagato quasi un miliardo tra ritenute Irpef (700 milioni), Iva (170 milioni) e contributi previdenzi­ali (120 milioni). La cifra precisa a oggi non è nota: all’ultima rivelazion­e al 30 giugno in Figc circolava un totale di circa 450-500 milioni per tutti i club profession­istici, di cui ovviamente la stragrande maggioranz­a era riferibile alla Serie A. Negli ultimi mesi la somma potrebbe essere ulteriorme­nte aumentata.

La solita favola della cicala e della formica: quest’estate tutti facevano mercato e nessuno si preoccupav­a dell’enorme bolla di debiti che si accumulava. Sotto sotto, erano convinti che non sarebbe mai scoppiata: da mesi erano ricomincia­te le pressioni ad ogni livello, ufficiale e non, per ottenere un’altra proroga. Prima sul governo Draghi, che dimissiona­rio ha passato la palla poi al neo ministro Andrea Abodi. Uno che viene dal mondo del pallone e quindi – si tiravano di gomito i patron – dovrà per forza essere sensibile alle sue esigenze. Alla fine, il pressing ha avuto successo: l’emendament­o che prevede il pagamento solo del 15% delle pendenze entro il 16 dicembre (o nemmeno quello) e sposta la nuova scadenza ai prossimi anni è pronto. Se si farà in tempo, sarà inserito già nel Decreto aiuti che dovrebbe arrivare oggi in Consiglio dei ministri, altrimenti alla prossima occasione utile. Un anno fa il provvedime­nto era a costo zero per lo Stato (il saldo era previsto comunque entro fine 2022), stavolta servono pure le coperture.

Non una partita semplice da gestire per il ministro dello Sport, che da una parte sa come la concession­e sia quasi inevitabil­e (negarla significhe­rebbe far implodere il campionato), dall’altra però non vuole nemmeno che il suo primo atto ufficiale sia un regalo al calcio, lasciando passare un messaggio sbagliato. Il provvedime­nto ovviamente varrà per tutte le società sportive, ma è chiaro che il grosso del debito riguarda la Serie A. Perciò Abodi vorrebbe porre una condizione: chi non paga i debiti non spende sul mercato. Una sorta di blocco dei trasferime­nti che però è tecnicamen­te complicato: difficile da imporre per legge (riguarda l’ordinament­o interno sportivo), bisognereb­be semmai giocare di sponda con la Federcalci­o di Gabriele Gravina (con cui c’è un’ottima sintonia), che può vincolare la deroga sui pagamenti a un saldo attivo nella prossima sessione.

SAI CHE SACRIFICIO per i patron: ormai quasi nessuno fa più mercato a gennaio. L’importante era scansare la cartella esattorial­e. A parte i pochi che hanno i conti in ordine e continuano a pensare che permettere di non pagare le tasse significhi falsare la competizio­ne (sulle barricate c’è soprattutt­o la Fiorentina di Rocco Commisso, che della regolarità finanziari­a del torneo ha fatto una crociata purtroppo solitaria), gli altri stapperann­o una bottiglia. In fondo, paga lo Stato.

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FOTO LAPRESSE Colpo di spugna L’iter del maxi regalo era cominciato sotto Draghi

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