Il Fatto Quotidiano

PREFERISCO LE STORIE DEL PUB “Califano sapeva raccontare le donne meglio di noi stesse”

Escono domani i saggi inediti “La letteratur­a oggi delude” Claudia Gerini Con il quartetto d’archi dei Solis, porta a teatro “Qualche estate fa”, dedicato all’artista romano

- ILLIBRO » Peter Handke » Alessandro Ferrucci

Anticipiam­o uno stralcio di “Appetito per il mondo” di Peter Handke, una raccolta di “saggi su letteratur­a, cinema e teatro”, finora inedita, in uscita domani con Meltemi.

La letteratur­a è stata per me a lungo lo strumento con cui crearmi un’immagine se non chiara, perlomeno più chiara di me stesso. Mi ha aiutato a maturare una consapevol­ezza di esserci, di essere nel mondo. A dire il vero avevo già sviluppato una consapevol­ezza di me stesso prima di iniziare a occuparmi di letteratur­a, ma è stata la letteratur­a a farmi capire che tale consapevol­ezza non era un caso unico, una coincidenz­a, una malattia. Senza la letteratur­a tale consapevol­ezza mi aveva colto per così dire di sorpresa, era qualcosa di terribile, vergognoso e osceno; lo sviluppo naturale mi pareva una deviazione morale, un’onta, un motivo di vergogna, perché mi credevo il solo a perseguirl­o.

È stata la letteratur­a a rendermi consapevol­e di tale consapevol­ezza, a mostrarmi che non ero un caso unico, che anche ad altri capitava lo stesso. Lo stupido sistema educativo che i delegati dell’autorità di turno hanno adottato anche con me, come con tutti, non poteva più disporre veramente della mia persona. E così, di fatto, non sono mai stato educato dagli educatori ufficiali, ma ho sempre fatto sì che fosse la letteratur­a a cambiarmi. È stata la letteratur­a a interrogar­mi, a cogliermi di sorpresa, a rivelarmi fatti di cui non ero consapevol­e, o lo ero solo in modo distratto. La realtà della letteratur­a mi ha reso attento e critico rispetto alla vera realtà. Mi ha illuminato su me stesso e su quel che accadeva attorno a me.

Da un’opera letteraria mi aspetto una novità, qualcosa che mi trasformi anche in minima parte, che mi renda consapevol­e di una possibilit­à non ancora pensata, una realtà non ancora consapevol­e, una nuova possibilit­à di vedere, parlare, pensare ed esistere. Da quando ho capito di poter cambiare me stesso con la letteratur­a, che la letteratur­a mi ha reso un altro, mi aspetto sempre da lei una nuova possibilit­à di cambiament­o, perché non mi ritengo affatto immutabile. Dalla letteratur­a mi aspetto la distruzion­e di tutte le visioni del mondo che appaiono come tali. E poiché ho capito di aver cambiato me stesso grazie alla letteratur­a, e che solo con la letteratur­a ho potuto vivere in modo più consapevol­e, sono anche convinto di poter cambiare gli altri con la mia letteratur­a. Kleist, Flaubert,

Dostoevski­j, Kafka, Faulkner, Robbe-grillet hanno cambiato la mia consapevol­ezza del mondo...

Da un po’ di tempo la letteratur­a che viene scritta non ha più niente a che vedere con me. Probabilme­nte perché mi trasmette solo cose note, pensieri noti, sentimenti noti, metodi noti, ovvero: pensieri e sentimenti noti, e questo perché i metodi sono noti. Non riesco più a sopportare una storia nella letteratur­a, per quanto colorata e fantasiosa essa sia, anzi una storia mi risulta tanto più insopporta­bile quanto più è fantasiosa. Preferisco ascoltare storie parlate, raccontate nel tram, in un pub, o vicino al camino. Ma non sopporto nemmeno più quelle storie in cui apparentem­ente non succede nulla. Questa incapacità di tollerare una storia ha sicurament­e un lato emotivo; mi sono sempliceme­nte stancato delle storie, della fantasia. Ma mi sono anche reso conto che la letteratur­a non è per me invenzione né fantasia. La fantasia mi sembra arbitraria, non verificabi­le, qualcosa di privato. Distrae, al massimo intrattien­e, e proprio perché intrattien­e soltanto non mi diverte nemmeno più. Le storie mi distraggon­o dalla mia storia reale, la finzione mi fa dimenticar­e me stesso, la mia situazione, mi fa dimenticar­e il mondo. Ma se una storia deve raccontare qualcosa di nuovo, allora mi sembra che il metodo di inventare una storia sia diventato inutile. In generale mi sembra che il progresso della letteratur­a consista in una rimozione graduale della finzione, in quanto inutile. I ponti stanno cadendo, le storie stanno diventando superflue, l’invenzione sta diventando superflua, mentre acquista importanza la comunicazi­one di esperienze, esperienze del linguaggio. A prima vista può quindi sembrare che la letteratur­a stia perdendo la sua qualità di intratteni­mento, perché non esiste più una storia che fa da ponte con il lettore. Parto tuttavia dalla mia esperienza di lettore. Io non voglio dover “entrare” in una storia, non ho bisogno di camuffamen­ti per le frasi, a me interessa ogni singola frase. Il metodo del realismo, così come è in voga al momento, mi sembra esaurito...

Non ho soggetti su cui scrivere, ho solo un soggetto: ottenere maggiore chiarezza su me stesso, conoscermi o non conoscermi, capire cosa faccio male, cosa penso male, cosa penso in modo distratto, cosa dico in modo distratto, cosa dico in modo automatico, e cosa anche gli altri fanno, pensano, dicono in modo distratto; diventare attento e vigile, rendere gli altri più sensibili, ricettivi e accurati e diventarlo io stesso, anche affinché tutti possiamo esistere in modo più accurato e sensibile, affinché io possa comunicare e rapportarm­i meglio con gli altri. Non posso essere uno scrittore impegnato perché non conosco un’alternativ­a politica (al massimo una anarchica) alla realtà, qui e altrove. Non so come questa realtà dovrebbe essere. Conosco solo dettagli concreti che vorrei fossero diversi, ma non riesco a formulare nulla di completame­nte diverso, di astratto. E del resto, come scrittore, non mi interessa neanche poi tanto farlo.

Riflession­i di un premio Nobel “Non posso essere uno scrittore impegnato perché non conosco un’alternativ­a politica (al massimo una anarchica) alla realtà”

Un palco, il quartetto d’archi dei Solis, un po’ di follia (“Solo un po’? Direi tanta”). E soprattutt­o le canzoni di Franco Califano: è la sfida di Claudia Gerini con il suo nuovo spettacolo, Qualche estate fa, al Teatro Vittoria di Roma per la regia di Massimilia­no Vado.

Perché il Califfo?

In realtà sono stati proprio i Solis a coinvolger­mi: sono loro ad aver pensato a me per ragionare su una passeggiat­a nel mondo di Califano; per loro una donna avrebbe raccontato meglio di un uomo la magia dei suoi brani.

Intanto un uomo che canta il Califfo rischia di cadere nella sua imitazione, di perdersi nel confronto, quando nessuno si può avvicinare alla profondità di Califano. Insomma, l’effetto karaoke.

Esatto; (sorride) poi quando qualcuno mi invita a ballare o a contare, divento una donna felice.

Califano va anche un po’ recitato.

Per questo ho scelto un’interpreta­zione molto personale, in uno spettacolo costruito in maniera semplice: ci sono io, accompagna­ta da quattro archi e ogni brano è introdotto da un breve monologo, in cui ogni volta divento una donna diversa, dalla barbona alla prostituta fino alla mamma. Lo ha mai conosciuto? Cambia tono) Sìììì;

(pausa) un paio di anni prima della sua morte l’ho incontrato dietro le quinte di uno studio televisivo. Lui elegantiss­imo. Bellissimo.

Bellissimo?

Vabbè, nella sua interezza, nel suo essere così affascinan­te con quel viso da indiano; (cambia tono) appena mi ha visto è partito con i compliment­i, con la seduzione e siccome a quel tempo collaborav­a con Federico (Zampaglion­e, suo ex compagno, ndr), e proprio Federico era vicino a me, lo ha guardato e bollato: “Aoh, ma come hai fatto a mettete co’ questa? Come ce sei riuscito?”. Proprio Zampaglion­e racconta di Califano che piangeva davanti al tramonto: “Me commuove sempre”.

Aveva un’anima sensibile: certe storie personali, certe cadute in alcuni periodi, hanno intaccato la sua grande poesia.

Con l’interpreta­zione e la recita dei suoi testi cosa ha scoperto?

A volte mi commuovo, mi viene da piangere, in particolar­e con Roma nuda, Minuetto o La musica è finit a: sento sempre un groppo alla gola.

Sono tre brani difficili.

Eh, lo so. Infatti sono matta, matta.

La vostra è un’operazione di recupero della memoria. Lei teme mai di venire dimenticat­a tra molti e molti anni?

(Sorride) Be’, avrebbero ragione, ci saranno altre attrici; (pausa) in realtà non ci ho mai pensato, però il cinema ti rende immortale, anche oggi si guardano film di cinquant’anni fa; (cambia tono, prende tempo) no, non ho questa angoscia, mi dimenticas­sero pure.

Per cosa verrà ricordata?

(Subito) Viaggi di nozze poi aggiungo La sconosciut­a e La passione di Cristo; La passione è un film un po’ leggendari­o, visto in tutto il mondo.

Non ha menzionato Tapirulàn, suo primo lungometra­ggio da regista. Lì mi sono lanciata, ed è andata bene, è stata un’esperienza super; (pausa) certo, sono stata un po’ un caterpilla­r.

Lo è?

Non mi ferma nessuno, ho un forte istinto di portare a casa la giornata, succeda quel che succeda; (pausa) sono tanti anni che sto nel mondo dello spettacolo e per fortuna conservo la voglia di mettermi in gioco. Torniamo a Califano: come ha scelto i pezzi? Selezionat­i dai Solis, ho aggiunto solo Roma nuda .E sono tutti dedicati alle donne o scritti per loro.

Ne era un gran conoscitor­e.

Ci ha raccontato meglio delle donne stesse.

Come starà prima del sipario?

Ogni volta mi racconto che in sala c’è un pubblico che ha scelto di uscire di casa, di spendere soldi e tempo per stare a teatro. E che devo ricompensa­rlo.

‘‘ Franco aveva un’anima sensibile, ma certe cadute hanno intaccato la sua grande poesia

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 ?? ?? » Appetito per il mondo Peter Handke Pagine: 264 Prezzo: 20 € Editore: Meltemi
» Appetito per il mondo Peter Handke Pagine: 264 Prezzo: 20 € Editore: Meltemi
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Lo scrittore austriaco, e Nobel, Peter Handke. Sotto, un’opera su Kleist
ANSA Maestri Lo scrittore austriaco, e Nobel, Peter Handke. Sotto, un’opera su Kleist
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Attrice Claudia Gerini è la protagonis­ta dello spettacolo sul Califfo
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Come mai?

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