IL CONSOLE UCRAINO CONTRO “GODUNOV”
NPROTESTA: MA NESSUNO LA PRENDE SUL SERIO
on ci sono più i diplomatici di una volta. A Milano il console ucraino, Andrii Kartysh, si è seduto alla scrivania diplomatica per vergare una missiva indirizzata al presidente della Lombardia Attilio Fontana, al sindaco Giuseppe Sala e al sovrintendente della Scala, Dominique Meyer. Oggetto: rivedere il programma della lirica. Pietra dello scandalo: l’opera in cartellone per la prima di Sant’ambrogio, il Boris Godunov di Musorgskij. Dopo i convenevoli, il console racconta del “grande disappunto” che serpeggia all’interno della comunità ucraina in Italia a causa delle scelte artistiche della Scala: “La cultura viene utilizzata LETTERA dalla Federazione
Russa per dare peso all’asserzione della sua grandezza; assecondare la sua propagazione non può che nutrire l’immagine del regime vigente, e per estensione, le sue ambizioni scellerate e i suoi innumerevoli crimini”. Dulcis in fundo il console chiede di “rivedere il programma per bloccare eventuali elementi propagandistici”.
La notizia dell’allarmata epistola arriva a ora di pranzo, mentre nel foyer che il 7 dicembre ospita la sfilata di celebrità e autorità, si tiene una colazione tra i consiglieri del cda del Piermarini e gli sponsor. Ma il pasto non va di traverso a nessuno, perché nessuno (né il Teatro, né il sindaco, né il governatore) la prende sul serio e intende rispondere. Non solo perché a meno di un mese dalla messa in scena è ridicolo pensare di cambiare titolo, ma anche per l’opera in sé. Capolavoro della musica ottocentesca, ispirato all’omonimo dramma di Puškin, Boris narra le vicende di uno zar del Seicento ed è un lungo atto d’accusa al potere autocratico (che affronta, attraverso la figura del monaco Pimen, anche il tema della propaganda e della censura) tanto che lo zar Alessandro III la bandì. Proprio come vorrebbe fare oggi il console.