Il Fatto Quotidiano

“Kherson: ritirata, tranello o base per una trattativa”

- » Michela A.G. Iaccarino

“In guerra non si annuncia mai quello che si sta per compiere. Sul piano tattico si facilita il nemico avvertendo­lo in anticipo delle proprie azioni, si scopre il fianco poi, in un momento delicatiss­imo e di vulnerabil­ità come quello del ritiro”. Al generale Marco Bertolini, ex responsabi­le del Comando operativo del vertice interforze e Brigata Folgore, è sembrata “strana” la scelta del ministro della Difesa russo, Sergey Shoigu, e del generale Sergey Surovikin, che due giorni fa hanno ordinato ai loro soldati di abbandonar­e Kherson e di ritirarsi sulla riva sinistra del Dnepr. “Se lo hanno fatto – asserisce il generale – possono aver avuto tre motivi”.

Partiamo dal primo.

Il primo è di carattere logistico: forse c’è un effettiva difficoltà dei russi ad alimentare le truppe sulla riva destra del Dnepr, l’esercito ha bisogno di recuperare o salvare forze dinanzi a una prevista controffen­siva nemica. Che la questione Kherson fosse difficile si sapeva dall’inizio: è separata dal vastissimo fiume Dnepr dal resto del territorio sotto controllo di Mosca, infatti sono i ponti che collegano le due coste l’obiettivo dell’artiglieri­a ucraina. Un’altra possibilit­à del ritiro delle truppe del Cremlino è di carattere politico: che ci siano tentativi di negoziato o più disponibil­ità alle trattative ormai non è più un segreto, Mosca e Washington non hanno mai smesso di parlare, nonostante tutto quello che succedeva sul campo. Adesso, dopo le elezioni in Usa, il potere di Biden sul Congresso non è più assoluto. E i russi, davanti alla prospettiv­a dei colloqui o un’ulteriore escalation, potrebbero aver ceduto un obiettivo importante. Kherson può essere l’innesco di una trattativa: adesso Zelensky può essere invogliato a sedersi al tavolo della tregua con un altro risultato, sia politico che militare, oltreché di immagine, molto importante.

Rimane ancora un’ultima ipotesi.

L’ultima ipotesi è un piano d’inganno, che è standard in tutte le operazioni militari. Viene comunicata l’intenzione di un’operazione, ma la manovra effettiva avviene in formula diversa da quanto annunciato, proprio come ha fatto Kiev prima della controffen­siva per la riconquist­a di Kharkiv.

Intanto continuano a cadere missili.

Se i russi si ritirerann­o da Kherson bisogna comunque aspettare la primavera per cambiament­i significat­ivi: questo non vuol dire che d’inverno ci sarà stasi operativa sul fronte. Comunque i negoziati si fanno durante i combattime­nti e sono l’unica via per non arrivare a un’escalation che provochere­bbe una catastrofe generalizz­ata, che coinvolger­ebbe anche la Nato. Rischiamo altrimenti una guerra infinita che va avanti per decenni come in Afghanista­n, dove entrambi i fronti sono riforniti dall’esterno fino al dissanguam­ento. Chiunque vinca, Ucraina o Russia, noi europei possiamo già mettere in conto che le condizioni in cui vivevamo prima del conflitto, non torneranno mai più.

Occorre negoziare anche durante i combattime­nti: altrimenti sarà una catastrofe

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FOTO ANSA Kiev avanza Soldati ucraini sul fronte a Kherson, dove i russi hanno deciso la ritirata

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