Il Fatto Quotidiano

Una proposta scherzosa per un problema serio

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Fra le tante conseguenz­e della crisi culturale, pandemica e infine finanziari­a, c’è anche la chiusura delle sale cinematogr­afiche. A Roma negli ultimi dieci anni hanno chiuso più di 100 sale. In Francia, dove l’industria cinematogr­afica è più strutturat­a e difesa , è stato siglato un accordo che prevede la distribuzi­one dei film su Netflix a 15 mesi dall’uscita in sala. Povero cinema! Buono solo per divenire bingo, palestra, negozio. In campagna elettorale Unione Popolare aveva nel programma vincoli sul cambio di destinazio­ne d’uso di tutti i luoghi di cultura. Penso che anche questo governo che fa della difesa del prodotto locale e del piccolo commercian­te una bandiera, potrebbe farsi portatore di una tutela di un esercizio che non è solo commercial­e ma aggregativ­o-culturale. Nel mio quartiere, l’esquilino, ha chiuso da qualche anno il cinema Royal. Giace lì abbandonat­o, e, beffa tra le beffe, ha ancora accesi dei pannelli che trasmetton­o in loop i trailer di film che non proietterà. E se fosse il cinema a salvare il cinema? Mi ricordo, in “Innamorato Pazzo”, quando il tranviere Celentano si accorge che la principess­a Muti deve sottostare a nozze combinate perché il suo regno ha bisogno di 50 miliardi di lire, e chiede alla città di Roma 10.000 lire a testa. Ecco, gli abitanti dell’esquilino sono poco più di 30.000: se tutti mettessimo 10 euro ci sarebbe una dote da dare ad un imprendito­re che volesse rilevare il cinema e provare a rilanciarl­o contribuen­do anche a riqualific­are il quartiere. Può essere un’idea.

DANIELE PICCININI

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