Cop27 “La giustizia ecologica esige scelte radicali, non sfilate politiche”
CARO “FATTO QUOTIDIANO”, la giustizia climatica non è uno scherzo, né un trastullo di anime belle che sfilano a Sharm alla Cop27. L’ecosistema Terra è stato drammaticamente inquinato dalla pervicace mano antropica dell’homo sapiens sapiens. Gli equilibri dinamici si sono spostati, i gas serra stanno causando danni rilevanti.
Già da decenni, gli scienziati dell’ambiente hanno evidenziato come l’era del petrolio e dei combustibili fossili fosse giunta al capolinea. Nei periodici, quanto effimeri, summit sul clima (da Kyoto in poi), i potenti della Terra, per cupidigia e meri interessi economici, non sono mai riusciti a siglare accordi vincolanti validi per tutti per la riduzione dei gas serra.
Ora, in Egitto, 125 capi di Stato e di governo, diplomatici da 220 Paesi, esponenti di Ong, società civile e studiosi, si sono riuniti per affrontare l’emergenza climatica. Di solito, le memorabili parate dei cosiddetti grandi non hanno mai sortito alcunché di positivo. Anche stavolta, a Sharm el-sheikh, erano assenti la Cina e la Russia (due dei principali Paesi inquinatori). È ovvio che fino a quando non si stringeranno patti fra tutti non si arriverà a niente di costruttivo.
Un po’ d’anni fa, qualcuno enunciò il validissimo ed etico principio ecologico del “chi rompe paga”. Perché non dovrebbe valere anche (e soprattutto) in questo caso, in un’ottica di omeostasi e di giustizia ambientale? I Paesi più poveri
nel Sud del mondo sono quelli che sporcano di meno: sono responsabili di meno del 10 per cento delle emissioni globali, ma sono quelli che patiscono più intensamente i disastri e le sciagure ambientali.
E allora, ci chiediamo: cosa si aspetta, in questi eleganti summit, a intervenire drasticamente? Le “Piccole isole” rischiano di sparire per l’innalzamento continuo degli oceani. Perché i Paesi più ricchi e più devastatori sono riluttanti ad accettare la richiesta di Mia Mottley, prima ministra delle Barbados, la quale ha proposto di tassare al 10 per cento i profitti delle aziende petrolifere per creare un fondo ad hoc da destinare ai Paesi poveri? La giustizia ecologica esige scelte radicali e coraggiose. Basteranno le sfilate periodiche dei politici del mondo? Con profonda stima.