Intelligenza e conoscenza come via d’uscita contro conflitti e disuguaglianze
Opporsi alla fabbrica del mero consumo
Aveva ragione, e proprio per questo è urgente imparare a pensare di più, e meglio: mentre una guerra mondiale a pezzi incendia l’europa, la leva dell’intelligenza ci pare l’unica via d’uscita. Nello stesso modo, in un’italia e in un mondo in cui le diseguaglianze aumentano al punto tale da disegnare una scena in cui pochissimi sono i padroni, e tutti gli altri sono schiavi, l’unico strumento di emancipazione è la conoscenza.
Don Lorenzo Milani sferzava così i suoi amatissimi ragazzi: “Siete proprio come vi vogliono i padroni: servi, chiusi e sottomessi. Se il padrone conosce 1.000 parole e tu ne conosci solo 100 sei destinato a essere sempre servo!”. Per questo restituire a tutte e tutti la parola è un atto rivoluzionario. E, ancora più profondamente, in un Occidente che ci vuole tutti disciplinati consumatori, per non rinunciare a essere felici, per non gettare via la nostra vita, è necessario provare a essere umani. Ed essere umani – ha scritto David Foster Wallace – “richiede attenzione, consapevolezza, disciplina, impegno e la capacità di tenere davvero agli altri... Questa è la vera libertà. Questo è imparare a pensare. L’alternativa è l’inconsapevolezza, la modalità predefinita, la corsa sfrenata al successo”.
Serve, dunque, una scuola capace di dare alle cittadine e ai cittadini del futuro gli strumenti per “afferrare il vivente” (Marc Bloch): non per aderire acriticamente al presente, ma per comprendere la misura umana – o disumana – del nostro tempo. E possibilmente per cambiarla. Così, abbiamo pensato a un corso introduttivo che offra un alfabeto sociale fondamentale, e poi – per il primo anno – a tre percorsi.
Il primo è dedicato alla grande questione del nostro tempo, su cui ci giochiamo presente, passato e futuro: quella della giustizia ambientale. Abbiamo ormai capito che, o cambiamo stile di vita, rapporti di forza, modello di sviluppo, oppure abbiamo gli anni contati, come umanità, e come pianeta. È questo il momento di fare la differenza: e la differenza la fa una opinione pubblica che ne sappia più di coloro che governano.
Il secondo percorso nasce dalla necessità di comprendere quel che sta drammaticamente avvenendo sotto i nostri occhi: la pace è finita, e il lunghissimo dopoguerra, che ha garantito pace e prosperità ai popoli occidentali (a spese di tutti gli altri), si è chiuso per sempre. Scegliere le fonti, saperle interpretare, argomentare le proprie opinioni: è il primo passo per non subire la direzione che il mondo prenderà.
Il terzo percorso parte dalla consapevolezza che viviamo in post-democrazie in cui la libertà è condizionata, e la sovranità popolare è solo una dichiarazione di principio. È urgente cambiare: rifondare una cittadinanza attiva che faccia politica. Non per diventare professionisti della politica, ma protagonisti della democrazia, della libertà, della giustizia.
Quante volte ci siamo chiesti, e continuiamo a chiederci, come sarà mai possibile cambiare davvero questo amatissimo, ma impossibile, Paese? Come costruire un senso dello Stato? Come formare un’opinione pubblica capace di controllare chi governa in suo nome, e di rifiutare un giornalismo servile e compromesso col potere? Come far crescere cittadine e cittadini che abbiano davvero a cuore il bene comune, l’interesse generale, e non solo il proprio particulare? Sono tante domande, ma la risposta è la stessa: una vera formazione al pensiero critico. Una scuola.