Il Fatto Quotidiano

GLI INTELLETTU­ALI CI SONO, CERTO, MA NON SANNO FARE “SCANDALO”

- GOFFREDO BETTINI

La filosofa Donatella Di Cesare, che stimo senza riserve, mi ha rivolto una lettera garbatamen­te critica in riferiment­o alla mia lamentazio­ne circa l’assenza della voce degli intellettu­ali nella crisi profonda che vive la democrazia italiana e la prospettiv­a della sinistra. È vero: la mia affermazio­ne aveva un sapore sbrigativo, poco analitico; lasciando così lo spazio a qualche ambiguità. Cerco di spiegarmi meglio. Il pensiero critico anche oggi è promosso da personalit­à di grande valore. Non penso solo alla produzione dei centri studio, alla ricerca scientific­a, alle riviste che fioriscono. Piuttosto a quelle pratiche di lotta e di pensiero che riescono a fondersi soprattutt­o nella militanza giovanile e femminile. La mia osservazio­ne riguardava il fatto che tutto ciò, purtroppo, non riesce a fare “scandalo” pubblico. A contrastar­e le idee dominanti. A muovere l’insieme dell’opinione pubblica. Da anni siamo sotto scacco rispetto alle idee e ai miti dominanti. Anzi, per certi aspetti, ne siamo stati attraversa­ti; finendo per accontenta­rci della riduzione del danno.

Nel libro, A sinistra. Da capo , cerco di individuar­e le cause di questa nostra fragilità. La Rete ha fatto la sua parte riducendo la realtà a comunicazi­one. Una massa enorme di informazio­ni “orientate”, che rende difficile discernere, comprender­e le differenze, darsi il tempo necessario per approfondi­re e ragionare. È stato più facile, così, per l’offensiva liberista cancellare il valore del passato e la progettazi­one del futuro. Tutto si riduce all’atto momentaneo e volubile del consumo. È la vittoria di quell'aspetto “vegetativo” del capitalism­o che toglie ogni libertà allo spirito. Naturalmen­te a questo si è aggiunta la fragilità delle “forme” politiche della sinistra. E in particolar­e del Pd. Sarà questo un tema ineludibil­e per il prossimo congresso. Il

Pd che ha fatto del bene all’italia governando, racchiuso solo in quella dimensione, non è in grado di mettere radice nel dolore delle persone normali. Non semina lì pensiero critico e nuova coscienza. E, infine, al di là del tanto di buono che le donne e gli uomini intellettu­ali continuano a produrre, troppo mondo della cultura si è rinchiuso nei propri specialism­i o si è accontenta­to di partecipar­e ai talk-show.

In ultimo (questo mi tocca personalme­nte), non ho mai considerat­o Pasolini una sorta di strumental­e paravento o un alibi. Ero un giovane comunista, quando negli ultimi anni della sua vita, ho intrattenu­to con lui un intenso rapporto culturale, politico e umano. Se oggi il Pd fatica a coinvolger­e l’intellettu­alità, voglio ricordare come il Pci diffidò e rimase distante dalle idee e dall’azione del grande “Eretico”.

Pasolini, nella sua spietata denuncia politica, si sentiva poco compreso e isolato. Fummo noi, ragazzi della Fgci (Borgna, Veltroni, Adornato) ad aprire un varco. E lui ci ripagò. Nel 1975 scrisse una dichiarazi­one di voto per il voto al Pci alle elezioni regionali, pronunciat­a dal vivo con solennità e emozione. Egli disse che in un Paese sporco, solo i giovani comunisti rappresent­avano uno spazio di pulizia, di speranza e di innocenza. Non fu affatto facile la vita di intellettu­ale per Pasolini. Mise in gioco anche il suo corpo. Che disse essere stato letteralme­nte attraversa­to dal fascismo. Dalla sua violenza e anarchia. Come poi rappresent­ò nel suo ultimo splendido film, Salò. Evocare Pasolini significa spingere tutti, a partire dai politici di sinistra, a un maggiore coraggio. E capire, come conclude Di Cesare la sua lettera: “Non ci può essere una ricostruzi­one della sinistra senza una grande ricostruzi­one culturale. Mancano le scuole politiche, manca il pensiero”. Non si poteva dire meglio. Abbiamo perso da tempo l’egemonia ideale, e subito a seguire, una mancanza di forza elettorale e politica.

LA RISPOSTA A DI CESARE: DA ANNI SIAMO SOTTO SCACCO RISPETTO ALLE IDEE E AI MITI DOMINANTI

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