Iran, Alessia Piperno a casa dopo 45 giorni “In cella con altri sei, ma nessuna violenza”
Dopo 45 giorni di prigionia nel carcere di Evin, a Teheran, dove vengono rinchiusi soprattutto gli oppositori politici, Alessia Piperno è tornata a Roma con un volo militare. “Sono stati giorni duri, poi la sorpresa. Ho trascorso la mia detenzione in una cella con sei persone, è stato difficile ma non sono stata maltrattata”, sono le parole che la giovane globe trotter e blogger ha riferito al sindaco Roberto Gualtieri, che l’ha accolta. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ne ha dato la notizia alla stampa interrompendo la riunione con il Segretario della Nato, Stoltenberg, lodando “l’intenso lavoro della diplomazia italiana”.
Nel frattempo le proteste contro il regime degli ayatollah sono riprese in tutto l’iran, nonostante la spietata repressione delle forze dell’ordine. Sarebbero almeno 328 le persone uccise e 14.825 quelle arrestate in 54 giorni, secondo Human Rights Activists in Iran. Agli studenti universitari, maschi e femmine, che protestano assieme violando così anche l’obbligo di rispettare la divisione di genere, si sono aggiunti anche altri giovani uomini. Lo fanno prendendo di mira i turbanti dei mullah, cioè i membri del clero sciita al cui vertice c’è la Guida Suprema,
Alì Khamenei, definito dai manifestanti un “dittatore” di cui auspicano la morte nel loro slogan. Nei tanti video postati si vedono giovani con o senza mascherina anti Covid, che dopo aver affiancato per strada un mullah con una manata gli fanno volare via il turbante bianco. Ieri, per la prima volta, è stato arrestato un ragazzo a cui è stato contestato, con sprezzo del ridicolo, il reato di “lancio di turbante”. Ha fatto notizia anche l’arresto di Elham Afkari, formalmente indagata per aver comunicato e trasmesso informazioni alla tv Iran International con sede a Londra, che il ministro dell’intelligence iraniano, Esmail Khatib, ha definito un’organizzazione “terrorista”. Elham è la sorella di Navid Afkari, un atleta di lotta greco-romana di 27 anni giustiziato nel settembre 2020 dopo essere stato condannato per aver accoltellato a morte una guardia di sicurezza durante le proteste antigovernative nel 2019. Il ministro ha rinnovato le minacce contro l’arabia Saudita, che i funzionari hanno accusato insieme a Gran Bretagna, Israele e Stati Uniti, di fomentare la rivolta. “La nostra pazienza sta finendo”, ha tuonato Katib nell’intervista al sito di Khamenei.