Biden e Trump, candidature a ostacoli: il 2024 è lontano
Il voto di midterm non è ancora archiviato – in Georgia, per il Senato, ci saranno i supplementari, con il ballottaggio il 6 dicembre –, ma è già Usa 2024, cioè corsa alla Casa Bianca. Joe Biden e Donald Trump escono entrambi dalle elezioni di martedì un po’ ammaccati nelle loro ambizioni d’un secondo mandato; e acquista forza l’ipotesi che né l’uno né l’altro siano sulla scheda delle prossime presidenziali. Per il presidente si prospettano due anni difficili e contorti, di compromessi da negoziare – giorno per giorno – con il Congresso. La Camera repubblicana gli impedirà di attuare la sua agenda e lo costringerà a baratti e concessioni. E, nel Congresso, c’è una pletora di negazionisti – un centinaio di eletti lo considerano un presidente illegittimo, perché il voto 2020 sarebbe stato truccato –. Biden potrà però giocare la carta della politica estera. Sull’ucraina, la linea dell’amministrazione è a rischio: Kevin Mccarthy, probabile nuovo speaker della Camera, ha già detto “basta” agli assegni in bianco, economici e militari, a Kiev; e la sinistra dei Democratici chiede iniziative diplomatiche. Con l’esito meno negativo del temuto voto di midterm – il meno peggio dei risultati ottenuti da un presidente democratico negli ultimi 40 anni –, Biden è forse tentato di non farsi da parte, nonostante i tassi d’apprezzamento bassi. Il New York Times, con un editoriale di Frank Bruni, ipotizza alcuni papabili: la “maggiore attenzione” dovrebbe andare alla vicepresidente Kamala Harris, al segretario ai Trasporti Pete Buttigieg e alla governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer.
BRUNI NON SCOMMETTE invece su Bernie Sanders, un candidato potenzialmente ancora più anziano di Biden. Campane a morto per le ambizioni di Beto O’rourke, battuto in Texas, e di Stacey Abrams ancora sconfitta in Georgia. Alexandria Ocasio-cortez troppo giovane: nel 2024 non avrà i 40 anni necessari. Trump, il magnate ex presidente, che intende annunciare martedì prossimo la candidatura alla nomination, non è più sicuro di ottenerla, perché gli cresce contro il prestigio di Ron Desantis, un ex sodale ora rivale, confermatissimo governatore della Florida e stella sempre più luminosa nel firmamento repubblicano, ultra-conversatore, ma meno divisivo. Nel midterm, Trump ha visto molti suoi candidati eletti, ma ha anche sbagliato mosse cruciali, specie in Pennsylvania, dove i suoi candidati hanno perso sia lo Stato che il seggio del Senato. Com’è nel suo stile, l’ha presa malissimo: furioso, ha incolpato tutti dei passi falsi – persino Melania, riferisce la stampa Usa –, meno che se stesso. A Desantis, Trump ha rivolto un’esplicita minaccia: “Se Ron corre per la Casa Bianca, deve stare attento: dirò cose non belle sul suo conto. So di lui più di chiunque altro, forse persino più di sua moglie”. L’ex portavoce Kayleigh Mcenany consiglia al magnate di rinviare l’annuncio della candidatura: far passare il ballottaggio in Georgia e lasciare stemperare le critiche per la scelta dei candidati. Ma c’è chi ha fretta di affossarlo: il New York Post, il giornale di riferimento di Trump, titola “Defuture”, con gioco di parole doppio riferito a Desantis, e dedica la prima a ‘Trumpty Dumpty’; e il Wall Street Journal vede in lui “il più grande perdente del voto”, con i suoi candidati “pessimi” battuti in seggi che potevano essere “chiaramente vinti”. Anche la Fox, per anni la sua voce, lo molla: Trump “è il passato” e i Repubblicani devono ora scommettere su Desantis. Tre indizi fanno più di una prova: Rupert Murdoch, l’editore dei tre media, ha cambiato cavallo; e i Repubblicani, forse, stanno per farlo.
Dopo midterm Al leader dem il Nytimes trova già i sostituti. The Donald mollato dal Post: “Dumpty Trumpty”; il Wall Street Journal: “È sconfitto”