Il Fatto Quotidiano

“Benefici ai boss: chi non collabora spieghi perché”

ERGASTOLO OSTATIVO Gli emendament­i di Scarpinato (M5S) al decreto legge: “Permessi solo se il silenzio non è motivato da omertà o timore di ritorsioni”

- » Antonella Mascali

Il Parlamento non avrà alibi nel momento in cui esaminerà il decreto legge sull’ergastolo ostativo ai benefici per detenuti mafiosi e terroristi che non hanno collaborat­o con la giustizia. Se davvero vuole che non vengano premiati detenuti mafiosi per sempre e anche stragisti ci sono gli spazi per rendere più stringente il decreto. Ieri, il sottosegre­tario alla Giustizia Andrea Delmastro, Fdi, ha detto che sull’ostativo “non si arretra”. Vedremo.

C’è una proposta dell’ex Pg di Palermo Roberto Scarpinato, ora senatore M5s, che blinda chi i benefici non li merita perché è un boss pericoloso travestito da detenuto modello. La ratio della modifica al decreto, concepita dall’ex magistrato, una vita sul fronte antimafia, è che non si possono mettere sullo stesso piano i boss-collaborat­ori di giustizia e quelli che non hanno mai collaborat­o. Non ci può essere, addirittur­a, un trattament­o più favorevole, ai fini della concession­e dei benefici, per chi non collabora. È la ragione per la quale Scarpinato propone l’obbligo per il detenuto che vuole accedere alla libertà condiziona­ta di motivare la mancata collaboraz­ione. Perché è così importante? Perché fornisce al giudice di Sorveglian­za un elemento fondamenta­le per valutare se ci sia stato “l’avvenuto ravvedimen­to” previsto dalla legge (ex articolo 176 c.p.).

È UN CONCETTO diverso dalla pericolosi­tà e, come ha stabilito la Cassazione, imprescind­ibile per la concession­e di un beneficio. Basti ricordare che il mancato ravvedimen­to ha portato a negare richieste avanzate persino da collaborat­ori. Per capirci: se un detenuto che vuole la condiziona­le scrive che non collabora perché non fa “l’infame”, è chiaro che anche se, per ipotesi, non può avere collegamen­ti con la sua cosca, non è certo ravveduto.

Nella proposta M5s si dice che si può accedere alla libertà condiziona­ta solo se la mancata collaboraz­ione “non sia motivata dal timore di subire ritorsioni contro la propria persona, dalla volontà di non rendere dichiarazi­oni accusatori­e nei confronti di correi e di terzi” e se non si è dichiarato il falso sulla situazione patrimonia­le personale, dei familiari e di terzi con cui si ha un legame. Il decreto legge, invece, concede al detenuto il silenzio.

Ma anche questa dichiarazi­one è cruciale. Non a caso la legge obbliga i collaborat­ori a una dichiarazi­one scritta e se mentono si vedono revocato il programma di protezione. Quindi, senza l’introduzio­ne di questo obbligo i collaborat­ori saranno svantaggia­ti rispetto ai detenuti mafiosi che non hanno mai parlato. Un incentivo a stare zitti.

Va da sé che il detenuto che ha scritto il falso, riscontrat­o dai pm cui spettano le indagini, è pericoloso, non può ottenere il beneficio. È anche un modo per “evitare un salto nel buio”, scrive Scarpinato, nel momento in cui si ha di fronte un detenuto la cui mancata collaboraz­ione è “giustifica­bile” in quanto “inesigibil­e”, “irrilevant­e”, “impossibil­e” perché, ad esempio, oggettivam­ente lo Stato non è in grado di proteggere i suoi numerosi familiari che rischiano la vita. In questi casi, non si può sapere come si sarebbe comportato l’ergastolan­o per mafia o per terrorismo se la collaboraz­ione fosse stata possibile: l’avrebbe scelta o no?. L’obbligo di motivare la mancata collaboraz­ione e l’obbligo di dichiarazi­one sul patrimonio sono, dunque, funzionali alla verifica del ravvedimen­to e agli altri accertamen­ti: sulla pericolosi­tà attuale o immediatam­ente futura del detenuto e sul risarcimen­to alle vittime, se non è impossibil­e.

IL TESTO L’ATTUALE DL CONCEDE LA FACOLTÀ DI TACERE

UNA PROPOSTA, quella firmata da Scarpinato, che è in linea con l’invito, finora trascurato, della Corte costituzio­nale. Sì, proprio della Corte che ha bocciato l’ostativo assoluto trasforman­dolo in relativo, in autonomia, nel 2019, per quanto riguarda i permessi premio. Nel 2021, invece, “sdoganando” anche la libertà condiziona­ta, ha ordinato una riforma al Parlamento, dando 12 mesi di tempo ma, come si sa, la riforma è stata approvata solo dalla Camera. Nelle motivazion­i la Corte ha scritto che “appartiene alla discrezion­alità legislativ­a decidere quali ulteriori scelte risultino opportune per distinguer­e la condizione di un tale condannato alla pena perpetua rispetto a quella degli altri ergastolan­i, a integrazio­ne della valutazion­e sul suo sicuro ravvedimen­to (ex art. 176 c.p.), scelte fra le quali potrebbe, ad esempio, annoverars­i la emersione delle specifiche ragioni della mancata collaboraz­ione”. Appunto.

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FOTO ANSA Ex procurator­e Roberto Scarpinato, 70 anni, senatore del Movimento Cinque Stelle

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