Il Fatto Quotidiano

Fede e potere Zar Putin come il re della pioggia e l’equivoco dei clericali sul pensiero di Dugin

- FABRIZIO D’ESPOSITO

Ma quale “racconto di fantasia” e “armamentar­io ideologico di Dugin”, come per esempio ha scritto maldestram­ente il Giornale di ieri. Il re della pioggia evocato da Aleksandr Dugin per un possibile destino tragico di Putin – in caso di sconfitta in Ucraina – appartiene all’opera di un antropolog­o scozzese, Il ramo d’oro di James Gregor Frazer, che ha segnato il pensiero del Novecento.

Ironia della sorte, proprio ieri, nell’inserto culturale del Sole 24 Ore, Armando Torno ha scritto della traduzione per la prima volta in Italia, con oltre un secolo di ritardo, dell’edizione integrale del monumental­e Il ramo d’oro, ben dodici volumi che Luni Editrice pubblicher­à in cinque anni. Un patrimonio notevole nello studio di magia, religione e potere in quanto a materiale etnologico raccolto. Sinora di Frazer si conosceva una “riduzione” tradotta da Lauro De Bosis nel 1925. Il re della pioggia, dunque. Frazer scrive che in varie tribù dell’africa non esisteva altro re che quello della pioggia. A fine marzo, i coloni andavano da lui e ciascuno gli offriva una vacca perché “faccia scendere le benedette acque del cielo”. Il bestiame era l’unica ricchezza a disposizio­ne e senza pioggia non c’è erba. “Se ancora non piove, il popolo si raduna e domanda che il re dia la pioggia; se il cielo seguita a essere senza nubi, il popolo apre la pancia al re, poiché ivi si crede che egli tenga racchiusi i temporali”. Ed è appunto questa fine cruenta, lo sventramen­to, che Dugin ha “profetizza­to” per Putin all’indomani della ritirata di Kherson. Descritto

da più fonti come “depresso” dopo la morte della figlia Darya, uccisa in un attentato nello scorso agosto, il famigerato ideologo del putinismo è stato poi costretto (?) a smentire il suo vaticinio social sul re della pioggia.

IN OGNI CASO

la guerra non sta andando nella direzione che il filosofo russo si augurava. Appena due settimane fa, al consiglio mondiale del popolo russo, Dugin si è espresso così: “È una guerra del Cielo contro l’inferno. È una guerra degli eserciti angelici. È una guerra dell’esercito dell’arcangelo Michele contro il diavolo. Questa dimensione verticale è l’ideologia, il regno delle idee. È il regno dello spirito in cui si svolge questa guerra, la sua sostanza principale. Il discorso del nostro Presidente del 30 settembre ha parlato della natura satanica della civiltà occidental­e. Non si tratta di una metafora”. Anche per questo motivo, in Italia, vari ambienti della destra clericale (da monsignor Viganò al quotidiano La Verità) associano a Dugin un pensiero forte e cristiano. In realtà l’opera di Dugin è un guazzabugl­io di estrema destra, non di rado paganeggia­nte: si va da Julius Evola e René Guénon fino ad Alain de Benoist con una sola certezza. Quella che l’occidente (non esclusi il papa e la Chiesa cattolica) è il male assoluto, Satana in persona.

Questa la base esoterica, più che religiosa, della quarta via di Dugin oltre fascismo, socialismo e liberalism­o: quello che Pino Rauti, missino e ordinovist­a, predicava già negli anni sessanta e settanta. Semmai a tenere insieme destra clericale occidental­e e Dugin è la radice totalitari­a delle loro invettive, dove trono e altare si confondono e la democrazia è puro caos diabolico.

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