Nel ’96 patteggiò per ricettazione e pirateria digitale
MILANO Indagine GDF Al capo di Bitfinex sequestrati 5 miliardi di lire
Una vicenda giudiziaria macchia la carriera di Giancarlo Devasini, l’italiano più famoso al mondo nel campo delle criptovalute. L’ex chirurgo plastico che oggi come Chief financial officer (Cfo) gestisce Bitfinex, una delle principali piattaforme exchange di cripto, e Tether, la terza stablecoin per capitalizzazione, ha alle spalle un procedimento penale per ricettazione, truffa, contraffazione, frode in commercio e violazione del diritto d’autore. Una storia di oltre 25 anni fa che Devasini non ha mai raccontato nella sua interezza, ma che spiega aspetti inediti della fortuna costruita da quello che oggi è considerato da molti un guru della comunità finanziaria delle cripto.
Le uniche informazioni emerse finora su questa vicenda sono riassunte in un articolo pubblicato il 16 febbraio 2021 dal Fatto Quotidiano e ripreso nel luglio successivo dal quotidiano finanziario britannico Financial Times: nel 1996 Devasini ha pagato 100 milioni di lire, equivalenti oggi a circa a 50mila euro, per una causa di contraffazione ai danni di Microsoft. Sul punto Tether, società diretta dall’imprenditore italiano, l’anno scorso ha spiegato che si era trattato di un errore involontario: “Devasini – ha detto l’azienda al Ft –aveva involontariamente caricato software Microsoft senza licenza sui computer che vendeva, dopo essersi fidato delle assicurazioni di un fornitore, e aveva collaborato con le autorità dopo l’avvio delle indagini”. Ma, secondo quanto ricostruito adesso dal Fatto e condiviso dal consorzio di giornalismo Eic, la realtà non corrisponde a quanto narrato dall’imprenditore. Il risarcimento da 100 milioni di lire è scaturito infatti al termine di un procedimento penale nei confronti di Devasini e di altre 43 persone accusate di far parte di un’associazione criminale attiva nella contraffazione e ricettazione di software a marchio Microsoft. Per Devasini e soci l’accusa era di aver creato un giro d’affari illegale, con decine di migliaia di prodotti pirata venduti in giro per l’italia.
L’INCHIESTA, condotta dalla Guardia di Finanza di Milano e coordinata dalla pm Enrica Manfredini, si è conclusa nel 1995 con il sequestro di beni per 5,1 miliardi di lire, circa 2,5 milioni di euro. Tra i prodotti sequestrati c’erano 24.124 floppy disk contenenti software Microsoft, 1.906 manuali d’uso, 84 certificati d’autenticità, computer rubati, macchinari per tipografia, adesivi marchiati Microsoft e dischetti-matrice usati per riprodurre software contraffatti. Attraverso la sua società dell’epoca, Point G Srl, Devasini “ricettava” software Microsoft contraffatti in quantità “ingente”, si legge negli atti dell’inchiesta. La Guardia di Finanza aveva stimato che, nel momento del sequestro, il gruppo era già riuscito a guadagnare dal commercio di questi prodotti circa 5 miliardi di lire, cioè altri 2,5 milioni di euro.
Tra merce sequestrata e profitti già realizzati, Devasini poteva quindi contare su una ricchezza stimata in 5 milioni di euro. L’imprenditore è riuscito a chiudere la vicenda con un patteggiamento e un risarcimento danni verso Microsoft di 50 mila euro. A una richiesta di commento inviata a Tether e Bitfinex, Devasini non ha risposto.
Ma la causa con Microsoft non è stata l’unica del genere. Il 27 dicembre 2007 anche Toshiba ha portato in tribunale un’altra società di Devasini, Acme Spa controllata da Solo Spa, per violazione di brevetti sui dvd. Solo che di questo caso non si sa nulla. A una richiesta di commento, Toshiba ha confermato senza aggiungere altro.
Di sicuro le nuove informazioni sull’accusa di truffa e il patteggiamento con il Tribunale di Milano rendono ancora meno chiara l’origine della fortuna di Devasini. Lui finora ha sempre spiegato di essere approdato alle cripto dopo aver creato un gruppo, Solo Spa, nel settore elettronica: dice che fatturava 113 milioni di euro l’anno. “Poco prima dell’inizio della crisi del 2008, Giancarlo ha venduto Solo e si è ritirato”, si legge oggi sul sito di Bitfinex. Sarebbe iniziata così la fortuna del re delle cripto. Ma i bilanci dicono che il gruppo Solo nel 2007 fatturava 12 milioni e ne perdeva
Una ricchezza oscura Lui dichiara di avere fatto fortuna dalla cessione delle sue aziende: invece sono bruciate e poi fallite
7,5 milioni, con debiti complessivi per 7,4 milioni (dei quali 5,1 verso banche) e patrimonio netto negativo per 3,4 milioni. Nella notte di San Valentino, il 14 febbraio 2008, un incendio poi distrusse l’edificio di Assago che ospitava il gruppo di Devasini. Le società Acme, Compass e Freshbit furono svalutate a un solo euro ciascuna e Solo finì in liquidazione.