MOSCA MOLLA LA SUA “COLONIA” E GLI AZERI NE APPROFITTANO
Le conseguenze dell’ucraina Il Cremlino è impegnato nella sua “operazione speciale” contro Kiev e trascura Erevan. Inoltre, si è avvicinato all'azerbaigian di cui ha bisogno per gli oleodotti. Così la tregua è sempre precaria
Il 13 settembre Rouslan Thovmassian ha telefonato a sua madre come faceva tutti i giorni da quando si era arruolato, un anno prima. Ma la batteria del suo telefonino era quasi scarica e la conversazione è stata breve. Qualche ora dopo, dopo due anni di cessate il fuoco, un diluvio di bombe e fuoco è caduto sulle posizioni armene appostate al confine con l'azerbaigian, nei pressi di Goris, sulle montagne di Ishkhanasar. “Fino alle 5 del mattino Rouslan era ancora vivo”, dice Lilit, 48 anni. La foto del figlio di 19 anni in uniforme è su un mobile del soggiorno, accanto al berretto da soldato, la lettera di condoglianze dell'amministrazione regionale, una bibbia e il telefonino da cui Lilit ha sentito la voce del figlio per l'ultima volta. “Lui, gli altri soldati e il comandante sono stati giustiziati. Mio figlio è stato colpito al cuore da un proiettile sparato a altezza uomo”.
DIVERSI VIDEO postati sui social dopo l'attacco azero del 13 e 14 settembre scorsi, la cui autenticità è stata confermata dalla Ong Human Rights Watch, mostrano gli abusi commessi dalle truppe azere contro i soldati armeni. “Esiste una forma di armenofobia, che non è solo una mentalità, ma una politica dello Stato azero - spiega Kristinne Grigoryan, difensore dei diritti umani eletta per sei anni dal Parlamento armeno -. Dopo la guerra del 2020, erano stati resi pubblici dei video simili. Undici soldati erano stati accusati, ma condannati a pene minori non coerenti con i crimini di guerra commessi. In seguito questi soldati furono promossi e decorati. È un chiaro incoraggiamento a filmare per terrorizzare gli armeni”. In un video, esaminato dal sito Bellingcat, si vedono sette soldati, tra cui probabilmente Rouslan, sommariamente uccisi dopo essere stati fatti prigionieri e disarmati. “Non ho voluto guardarlo”, dice Lilit. Per Valter, il padre di Rouslan, l'attacco a sorpresa delle forze dell'azerbaigian che ha tolto la vita al figlio e ad altri 200 soldati armeni, è una conseguenza dell'invasione russa dell'ucraina: “La Russia, che dovrebbe proteggerci, ha abbandonato l'armenia. I nostri figli pagano con la vita perché Azerbaigian, Turchia e Russia risolvano i loro problemi”. Come spiegare l'attacco azero? Il presidente Ilham Aliyev, che “regna” sull'azerbaigian dal 2003, vorrebbe poter approfittare del disimpegno della Russia per fare pressioni sull'armenia: “L'atteggiamento dell'azerbaigian nei confronti della Russia è cambiato - osserva il politologo Thorniké Gordadze, ex ministro degli Affari europei della Georgia -. La televisione di Stato non esita a parlare di aggressione russa in Ucraina e sostiene il rifiuto di prolungare il mandato delle truppe di interposizione russe in stanza al confine tra Armenia e Azerbaigian dalla guerra del 2020”. Tuttavia Putin, dopo otto mesi di guerra, ha dimostrato di voler riprendere il controllo del Caucaso: il 31 ottobre ha convocato Ilham Aliyev e Nicol Pashinian, il primo ministro armeno, a Sochi, sulle rive del Mar Nero. Al termine dell'incontro, una vaga dichiarazione confermava “la disponibilità della Federazione Russa a continuare a contribuire alla normalizzazione delle relazioni tra la Repubblica di Armenia e la Repubblica dell'azerbaigian, per garantire la stabilità e la prosperità nel Caucaso meridionale”. Ma l'attacco azero può essere spiegato anche come il
TRATTATO
Secondo il sistema di “Sicurezza Collettiva” (Otsc), l’armenia è legata alla Russia da un accordo di difesa reciproca
segno di una nuova alleanza tra Putin e Ilham Aliyev, sullo sfondo di interessi energetici comuni e di un avvicinamento con la Turchia, nemico incondizionato dell'armenia. Per Daavr Dordzhin, esperto di relazioni internazionali, fuggito da Mosca per Yerevan lo scorso febbraio, la Russia oggi “sostiene apertamente l'azerbaigian, sia militarmente che politicamente.
MOSCA NEGOZIA con Ankara e non si preoccupa dell'armenia, che ha sempre considerato una semplice colonia”. Le due ipotesi potrebbero spiegare la rottura del cessate il fuoco negoziato nel novembre 2020: “La Russia è troppo impegnata con l'ucraina per aiutare gli armeni e si è avvicinata all'azerbaigian di cui ha bisogno per gli oleodotti”, aggiunge Kristinne Grigoryan. Comunque sia, l'operazione militare dell'azerbaigian ha fatto ripiombare la popolazione armena in uno stato d'animo misto a ansia e disperazione. “Noi armeni non abbiamo scampo” dice Valter, il papà di Rouslan. Con la moglie Lilit vive a Shenavan, a due chilometri dal confine turco, chiuso da decenni. “Il nostro villaggio dista solo trenta chilometri da quello di mio nonno, che oggi è in Turchia. Mio nonno – racconta - è il solo della sua famiglia ad essere scampato al genocidio. Oggi non siamo protetti meglio che un secolo fa. Il nostro Paese è piccolo e dipende dagli interessi delle grandi potenze. Se avessimo alleati, come gli ucraini, potremmo batterci”. “Se mio figlio avesse avuto armi vere, non sarebbe morto”, aggiunge Lilit. “Il nostro Paese non ci appartiene più – continua Valter -. Dipendiamo interamente dalla Russia, per la nostra difesa, per l'energia. E ora il nostro alleato ha scelto di appoggiare il nostro nemico. Siamo solo uno strumento nelle loro mani”. Armenia e Russia sono teoricamente legate da un accordo di difesa, L'OTSC (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva), un'alleanza che comprende anche Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan. Ma, malgrado le richieste armene, l'accordo non è stato attivato né durante la guerra del 2020 né lo scorso settembre. L'armenia, formalmente indipendente dal 1991, si sente di fatto un satellite russo. Le frontiere con l'azerbaigian, la Turchia e la Repubblica autonoma del Nakhitchevan sono presidiate da contingenti russi. Il Paese, che ha frontiere aperte con la Georgia, a nord, e con l'iran, a sud, dipende quasi esclusivamente dalla Russia per l'approvvigionamento di cereali, gas e petrolio, pur disponendo di una centrale nucleare a Metsamor. Inoltre, per rimborsare il debito accumulato negli anni 90, ha concesso alla Russia il controllo della distribuzione dell'elettricità, della compagnia telefonica nazionale, delle ferrovie e di molte fabbriche. Malgrado il risentimento verso la Russia condiviso da molti armeni, l'armenia ha accolto da febbraio decine di migliaia di russi che fuggono il regime di Putin e l'ordine di mobilitazione decretato dal Cremlino il 20 febbraio scorso. La piccola repubblica del Caucaso è una delle poche destinazioni accessibili per i russi che dispongono solo di un passaporto interno. La vicina Georgia, che ha sviluppato un forte sentimento anti-russo dalla guerra del 2008 nelle province separatiste dell'ossezia meridionale e dell'abkhazia, richiede ai cittadini russi un passaporto internazionale.
ALIOCHA, 26 anni, è arrivato in Armenia da Kerch, in Crimea, il 25 settembre scorso. Non aveva mai lasciato la Russia: “Non volevo andare a combattere in Ucraina perché non volevo morire e – dice –perché mia madre è ucraina”. Daavr Dordzhin è arrivato a Yerevan il 22 febbraio. È avvocato e membro della ONG Memorial: “Non avevo futuro in Russia”, dice. Il 24 febbraio è andato all'ambasciata di Mosca a Yerevan per protestare contro l'aggressione dell'ucraina. Da allora
La parlamentare Kristinne Grigoryan: “Esiste una forma di armenofobia, che non è solo una mentalità, ma una politica dello Stato azero”
fa parte del Partito europeo per l'armenia, un'organizzazione politica senza seggi in Parlamento, ma molto attiva per incoraggiare l'armenia a emanciparsi dalla dominazione russa: “Abbiamo organizzato una grande manifestazione quando è stato scoperto il massacro di Boutcha”. Il partito milita perché l'armenia lasci L'OTSC per entrare nella NATO e si avvicini all'europa. A ottobre, dopo l'accordo firmato da Ursula von der Layen per ridurre la dipendenza energetica dell'europa da Mosca, il partito ha inviato una lettera alle istituzioni europee chiedendo di “smettere di barattare sangue armeno con il gas dall'azerbaigian”. L'arrivo massiccio dei russi non ha sollevato ostilità in Armenia, anche se da allora i prezzi degli affitti a Erevan sono saliti alle stelle. Ma ha permesso di rilanciare l'economia: la moneta armena ha guadagnato quasi il 30% sull'euro in pochi mesi. Alexandra e il fratello Dimitri, 32 e 34 anni, di origini ebree, hanno appena aperto un piccolo ristorante a Yerevan: “È ovvio che non torneremo in Russia finché Putin sarà al potere”.