Il Fatto Quotidiano

“Oscenità e vilipendio”: Bianciardi alla sbarra

L’ANNIVERSAR­IO Per il centenario della nascita dello scrittore, la figlia Luciana licenzia due libri, tra cui la versione integrale e non censurata de “La solita zuppa”

- Massimo Novelli

“L’ultimo incontro di Gesù con gli apostoli, che gli esegeti vogliono farci passare per un convegno omofilo, fu in realtà un’orgia alimentare, nella quale si rievocava, simbolicam­ente, il tabù del cannibalis­mo. So che mi daranno addosso, per questa affermazio­ne, ma quell’incontro fu una vera e propria cena. L’ultima cena, dobbiamo pensarla così, anche se l’iconografi­a ufficiale ha scelto l’altra, più comoda ipotesi. E le sue parole furono: ‘Prendete e mangiate, questo è il mio corpo’. Presi il piatto, lo posai sul tavolo, mi sedetti, afferrai il cucchiaio. Signore, pensavo, perché non ritorni fra noi?”.

COSÌ LUCIANO BIANCIARDI

(Grosseto, 14 dicembre 1922 – Milano, 14 novembre 1971) concludeva nel 1965 La solita

, uno dei racconti (compresi in un’antologia edita da Sugar) più graffianti sull’italia dell’epoca, quella degli ultimi fuochi del Miracolo economico, tra potere democristi­ano e clericalis­mo, ma prossima al Sessantott­o; un’italia che lo scrittore aveva messo a nudo nel ’62 in La vita agra. Nella Solita zuppa mette, invece, alla berlina un Paese che denuncia i film di Pier Paolo Pasolini, caccia Lucio Mastronard­i, autore di Il maestro di Vigevano, dall’insegnamen­to e si oppone al divorzio. Lo fa immaginand­o che il tabù non sia il sesso, ma il cibo.

Gli ultimi paragrafi del racconto, rammentano oggi Luciana Bianciardi, la figlia di Luciano, e Federica Albani, “furono censurati a seguito della denuncia (rimasta anonima) per oscenità e vilipendio della religione cattolica: le copie dell’antologia... furono sequestrat­e nelle librerie di tutto il territorio nazionale e presso i magazzini dello stampatore e dell’editore. Dopo la sentenza (assolutori­a per oscenità ma di amnistia per il vilipendio) l’opera poté tornare in libreria solo con la pagina finale del racconto annerita”.

Luciana e Federica sono le curatrici della nuova edizione del racconto incriminat­o: Imputati tutti. “La solita zuppa”: Luciano Bianciardi a processo (Excogita). Il libro, che raccoglie anche la documentaz­ione sulla vicenda giudiziari­a, esce per il centenario della nascita di Bianciardi, con una prefazione di Giancarlo De Cataldo. In uscita da Excogita sono poi i tre volumi di Tutto sommato, la raccolta degli scritti giornalist­ici.

Per Bianciardi, processato con l’editore Massimo Pini e lo stampatore Arturo Daverio, si espressero allora sette intellettu­ali e letterati: Libero Bigiaretti, Oreste del Buono, Umberto Eco, Guido Piovene, Domenico Porzio, Luigi Silori, Giacinto Spagnolett­i, ai quali gli avvocati della difesa chiesero una expertise sull’accusa di oscenità. Il solo contrario fu il vecchio Riccardo Bacchelli: “L’osceno”, disse, “è il peculiare e precipuo carattere stilistico della novella, assunto e condotto di là di ogni rispetto e divieto”. Di ben altro genere furono i pareri dei sette, tra cui ODB. “Il mio parere”, scrisse Buono, “è, naturalmen­te, personale: non mi sono scandalizz­ato affatto davanti a La solita zuppa, è uno scherzo, uno scherzo non per minorenni, d’accordo, ma uno scherzo che mira a colpire una stortura, non una speculazio­ne costruita su una stortura. Del resto, l’opera di Bianciardi è a disposizio­ne: questo racconto si presenta isolato, ma è legato a tutti gli altri componimen­ti, racconti o romanzi, una saga demistific­atrice delle retoriche, delle mode di cattivo gusto, dell’erotismo come dell’intellettu­alismo, del sinistrism­o come del tecnologis­mo”.

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