LAZIO E LOMBARDIA: BOT
Percorso a ostacoli Majorino tenta il dialogo col M5S, ma il suo segretario lo scarica mentre a Roma si procede con D’amato E Calenda invoca la Vigilanza Rai
Spaccato in pezzi e forse frammenti nel Lazio, avvitato sulla sua stessa ragion d’essere in Lombardia, dove il Pd sta esplodendo per la timida apertura ai 5Stelle dell’eurodeputato Pierfrancesco Majorino. Il centrosinistra, o fu campo largo, è un grumo di rancori e differenze, più o meno il contrario dell’alleanza larga e magari convinta che servirebbe per giocarsela contro il centrodestra di governo nelle Regionali di febbraio. Un quadro evidente in Lazio come in Lombardia, ma che rimbalza anche nella partita delle nomine per le bicamerali, Copasir e Vigilanza Rai, con grillini e dem che trattano senza fidarsi gli uni degli altri, mentre Matteo Renzi e Carlo Calenda sperano di approfittarne conquistando la Vigilanza (“Proveremo a prenderla, quel lavoro Matteo lo sa fare benissimo”, ha confermato ieri Calenda al Tg1). Un’opaca sciarada che incrocia il congresso del Pd, destinato a essere anticipato: perché attendere marzo in queste condizioni potrebbe essere esiziale.
LOMBARDIA, GUERRA NEL PD SUL TAVOLO COI GRILLINI
È la regione dove il diavolo tentatore per un bel pezzo del Pd è Letizia Moratti, già eletta in mille ruoli dal centrodestra, ora decisa a sfidare i suoi alleati di una vita. Calenda e Renzi l’hanno abbracciata con fervore, e il Pd è ovviamente spaccato sul da farsi. Per questo il Movimento ha provato a fare la sua mossa con il coordinatore regionale Dario Violi. “Chiuderemo a breve una proposta programmatica con alcuni punti chiari su sanità, trasporti, infrastrutture” ha spiegato ieri a Radio Popolare. Proposte aperte a tutti i partiti, ma che dovrebbero stanare innanzitutto i dem. A cui il M5S potrebbe poi proporre un candidato condiviso, “terzo”. Violi ci lavora di concerto con i vertici nazionali. E ieri Majorino, da sempre fautore dell’intesa con i grillini e possibile candidato a eventuali primarie dem, è andato a vedere le carte del Movimento. Ovvero, ha partecipato a un tavolo organizzato dall’associazione Medicina democratica a cui c’era anche il capogruppo dei 5Stelle al Pirellone, Nicola Di Marco. Abbastanza per complicare la direzione regionale del Pd svoltasi in serata, che alla fine dà mandato al segretario regionale Vinicio Peluffo di definire insieme all’assemblea il perimetro delle alleanze e il nome del candidato. Tradotto: si provi a evitare le primarie e si parli anche coi 5 Stelle. Direzione opposta a quella su cui si sono spostati da giorni i vertici della segreteria, come dimostra il fatto che Peluffo aveva volutamente disertato la riunione di ieri coi grillini. E fonti dem lo sottolineano: “L’unico incaricato a trattare le partite politiche è il segretario, e lui a quell’incontro non è andato”. Così per ora in campo nel Pd, anche qui tra mille mal di pancia, c’è solo l’assessore alla Casa di Milano, Pierfrancesco Maran. Mentre Azione e Iv, ma anche +Europa, aspettano.
LAZIO, TRA IL TICKET DEM E I DILEMMI DEL M5S
Nel Lazio, dove l’inceneritore di Roma e calcoli incrociati terranno lontani Pd e 5Stelle, oggi pomeriggio i dem si riuniranno per confermare pieno appoggio all’assessore regionale uscente Alessio D’amato, già lanciato da Calenda. Stando alle ultime indiscrezioni, D’amato dovrebbe essere candidato senza primarie, forse in ticket con la consigliera uscente Marta Bonafoni, giornalista, vicina alla probabilissima candidata al congresso Elly Schlein. Di certo il Pd chiederà ad Azione e Iv di presentare una lista con i propri simboli, “perché non si possono nascondere dietro la civica di D’amato” riassume un dem, a conferma di un certo clima. Ma per provare a dare fastidio al candidato delle destre – il favorito resta il presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca, ma il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (FDI) si sente in corsa – i dem avrebbero bisogno anche dei rosso-verdi. Ma Sinistra Italiana e Verdi pencolano tra varie opzioni: accordarsi con il Pd o il Movimento oppure correre da soli. E come loro candidato di bandiera circola anche il nome dell’europarlamentare Massimiliano Smeriglio, eletto con il Pd. Nelle scorse Smeriglio aveva anche cercato Conte, con l’idea di proporsi come candidato unitario di M5S e rosso-verdi. Ma dai 5Stelle scuotono la testa. “Il nome non sarà lui – spiega una fonte qualificata – come non era previsto che lo fosse Livio De Santoli”. Docente, già candidato alle Politiche dai 5Stelle, ieri Repubblica ne ha ricordato il lavoro come consulente gratuito dell’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e uno scritto a favore dei termovalorizzatori. “Ma sono passati tanti anni” dicono dal Movimento, dove cercano un candidato e sperano ancora di riagganciare i rosso-verdi. In serata però a smuovere l’aria provvede l’assessore regionale uscente Roberta Lombardi. Intervenendo alla presentazione di un libro di Stefano Fassina in un circolo dem di Roma, la veterana del M5S propone: “Se una parte del Pd è d’accordo con noi troviamo un candidato e facciamo primarie vere”. E l’inceneritore? “È un tema che va trattato in sede nazionale, lo ho detto anche ai 5Stelle”. Ma dal Movimento negano: “Non è questa la nostra linea”. Perché Conte con il Pd ha rotto, eccome.
IL CONGRESSO DEM, LE MOSSE DI FRANCESCHINI
Tutti si agitano e discutono, ma poi alla fine nel Pd l’uomo che decide come finiscono le partite interne è sempre lui, Dario Franceschini. L’ex ministro è dato in prima fila per la presidenza della Giunta per le autorizzazioni, in Senato. E tra una discussione riservata e l’altra immagina strategie per il congresso, di cui vacilla perfino la tempistica. Sabato l’assemblea nazionale dem discuterà se anticiparlo di 3 o 4 settimane rispetto alla data prevista del 12 marzo. Anche se dal Nazareno ricordano che “per riuscirci serve trovare un punto di caduta tra la formula del congresso costituente (fortemente voluto da Enrico Letta, ndr) e uno normale”. Le varie correnti hanno posizioni variegate, in base alla propria convenienza. E nell’attesa Franceschini si è già mosso, puntando su Schlein come anti-bonaccini. Eventualmente in ticket con il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che il 26 novembre a Roma terrà la sua “convention per un nuovo Pd”. Ma Franceschini è pronto a sostenere l’ex vicepresidente dell’emilia Romagna anche da sola. Almeno per adesso, sostiene un maggiorente dem: “Dario è il re dei tattici, e per ora ha fatto trapelare senza il suo sostegno senza esporsi. Però spetta anche un segnale da Bonaccini, vedrà”. Nell’attesa, ci sono i dubbi delle altre fazioni. Da quelli della sinistra, cioè di Andrea Orlando, che riflette sul candidarsi e che è in freddo con Conte per lo strappo nel Lazio (“Una scelta che ci danneggia, essendo noi per l’apertura ai grillini” dicono dalla sinistra dem). Fino ai big del Sud, con Francesco Boccia che valuta anche lui in silenzio di presentarsi, in accordo con Vincenzo De Luca e Michele Emiliano. Ma è tutto ancora molto fluido, nel Pd. Come sempre.