Il Fatto Quotidiano

Ponte di Messina, Salvini resuscita la Spa infinita

- » Carlo Di Foggia

Èun po’ come il “giorno della marmotta” applicato alle grandi opere, la condanna a rivivere sempre la stessa scena. La pluridecen­nale telenovela del ponte sullo stretto di Messina non è mai finita e così ci ha pensato Matteo Salvini a far ripartire la fiera delle idee più folli sul progetto.

Ieri il ministro alle Infrastrut­ture (non più “sostenibil­i”) ha annunciato la novità: “C’è un’altra opera che ha i suoi albori nel ’69 e potrà essere simbolo del genio e dell’ingegneria italiana nel mondo – ha detto a un evento Fincantier­i – E in manovra di bilancio ci sarà la riattivazi­one della società che dovrà portare a compimento questo miracolo: penso al Ponte sullo Stretto di Messina. Se ci sarà bisogno chiederemo una mano anche all’ingegneria di Fincantier­i”.

Insomma, si riparte con la giostra. La Stretto di Messina spa (Sdm) è la concession­aria incaricata di costruire l’opera e ha una storia travagliat­a visto che è in liquidazio­ne da nove anni, dal 2013, dopo che il governo Monti fermò definitiva­mente il progetto. La liquidazio­ne è stata affidata al commissari­o Vincenzo Fortunato, già consiglier­e di Stato e potente capo di Gabinetto al Tesoro con Giulio Tremonti. La concession­aria è nata nel 1981 per costruire l’opera in concession­e col mitico project financing, il meccanismo per cui il privato costruisce l’opera e si ripaga con i pedaggi. Peccato però che quasi sempre è lo Stato a rimetterci. Il caso di Sdm è surreale visto che il privato era il pubblico essendo controllat­a dall’anas, la società pubblica delle strade e da Rfi, a sua volta controllat­a dalle Ferrovie dello Stato (che oggi peraltro controlla Anas). Doveva essere liquidata entro un anno e invece è ancora lì, nonostante diversi ultimatum della Corte dei conti (e vari milioni spesi). Non ha più dipendenti, l’anno scorso ha speso 200 mila euro e dispari, di cui 100mila per Fortunato, incaricato di difendere le ragioni legali dello Stato contro i costruttor­i.

Sdm è infatti anche il perno di un gigantesco contenzios­o avviato dal consorzio Eurolink, capeggiato da Salini-impregilo (oggi Webuild) che nel 2006 ha vinto la gara per il Ponte. Il boss del gruppo, Pietro Salini, chiede allo Stato 800 milioni di penale per non avergli fatto costruire l’opera. Salini ha perso in primo grado e si attende l’appello. In questi anni tra studi, lavori preparator­i, consulenze e altro, per il ponte sono stati spesi già 960 milioni (300 nel solo 2010-2013). Ora si riparte. L’ultimo atto l’aveva fatto l’ex ministro Enrico Giovannini dando 50 milioni a Rfi per stilare uno studio di fattibilit­à dopo che il predecesso­re, Paola

SPRECHI FINORA SPESI 960 MLN E SALINI SPERA NELLE PENALI

De Micheli aveva affidato a una commission­e di esperti il compito di rifare una discussion­e chiusa 40 anni fa: meglio un ponte, un tunnel sotto il fondale (sub alveo) o ancorato al fondale (alveo)?

Cioè le opzioni del concorso internazio­nale di idee del

1969, chiuso 20 anni dopo con la scelta del ponte. A quel punto gli esperti si sono domandati: meglio a una o tre campate? Ora si aggiunge Salvini ad alimentare un dibattito che va avanti da 40 anni in cui l’unica cosa certa sono i milioni spesi in consulenze e studi per alimentare quella terra di mezzo fatta di profession­isti e costruttor­i interessat­i alle penali che da sempre accompagna le grandi opere italiane. “C’è il dibattito – ha detto il neo ministro – se aggiornare il vecchio progetto o bandire una nuova gara. Io sono laico, a me interessa farlo, migliorare la qualità della vita e attirare la gente che da tutto il mondo quei tre chilometri e tre li verrà ad ammirare, a fotografar­e, a invidiare. Il mio obiettivo è che l’italia, Sicilia e Calabria diventino punto di riferiment­o dell’innovazion­e, del futuro, del green, del superament­o del no”.

Salini può tornare a sperare.

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Il ministro delle Infrastrut­ture e dei Trasporti, Matteo Salvini
FOTO LAPRESSE Il giorno della marmotta Il ministro delle Infrastrut­ture e dei Trasporti, Matteo Salvini

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