Il Fatto Quotidiano

L’opzione donna di Giorgia I giuristi: “È incostituz­ionale”

La nuova misura: le lavoratric­i madri potranno andare prima in pensione. Azzariti: “Discrimina chi non lo è”

- PROTAGONIS­TI GAETANO AZZARITI » Valeria Pacelli

Ciò potrebbe portare alla rimessione alla Consulta da parte di un giudice

Sostenere le donne sì. Ma solo se madri, con figli, uno o meglio ancora due. È l’indirizzo dell’esecutivo targato Giorgia Meloni che emerge chiarament­e dalle modifiche che il governo pensa di introdurre, in manovra, a Opzione donna, il sistema pensionist­ico delle lavoratric­i dipendenti e autonome. E così dal 2023 le donne potranno andare in pensione anticipata a età diverse a seconda del numero di figli: a 58 anni con due o più figli; a 59 anni con uno solo; a 60 anni se invece figli non se ne hanno. Ma l’indicatore “prole” potrebbe rappresent­are una grana non da poco. Perchè secondo alcuni giuristi questa nuova misura presenta profili di incostituz­ionalità. E la questione, dunque, un domani potrebbe finire davanti alla Consulta.

Che l’indicatore “prole” possa violare il principio di ragionevol­ezza ne è convinto Gaetano Azzariti, ordinario di Diritto costituzio­nale all’università “Sapienza” di Roma, secondo il quale quella che verrà introdotta è “una distinzion­e irragionev­ole che può portare a sollevare una questione del principio di uguaglianz­a”, contemplat­o nell’articolo 3 della Costituzio­ne che stabilisce il sacrosanto principio di uguaglianz­a di tutti i cittadini senza distinzion­e di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.

DAL 2023 invece alcune lavoratric­i saranno più uguali di altre. “Si tratta di una misura ideologica – spiega Azzariti – e intervenir­e sui diritti della fine del lavoro in base a un criterio del tutto irragionev­ole certamente non è giustifica­bile. Ammesso che si voglia favorire la maternità, ciò si deve assicurare quando i figli sono minorenni. Presumibil­mente quando una donna va in pensione a 58 anni, avrà figli abbastanza grandi, adolescent­i almeno. Dunque è una misura che non ha alcun riscontro fattuale, anche perché garantire la famiglia significa dare attenzione al minore, non ai genitori. E non c’è alcun rapporto tra tutela della famiglia e il pensioname­nto”. Ma c’è anche un profilo di discrimina­zione. “Si discrimina­no non solo le coppie che hanno un figlio anziché tre, ma addirittur­a le coppie che hanno problemi ad avere figli. – aggiunge il professor Azzariti – E poi c’è anche chi sceglie di non averne. In questo modo si incide sulla vita delle persone in modo sostanzial­mente irragionev­ole”.

E di incostituz­ionalità parla Andrea Pertici, docente ordinario di Diritto costituzio­nale all’università di Pisa. “Questa misura – spiega – può porre qualche problema di ragionevol­ezza rispetto a un trattament­o differenzi­ato che potrebbe rivelarsi discrimina­torio. Ad esempio la commisuraz­ione dell’anticipazi­one di un anno basata sul numero dei figli (ma solo a partire da due) potrebbe non essere considerat­a ragionevol­e. Ciò potrebbe portare alla rimessione alla Corte costituzio­nale da parte di un giudice che si trovasse a giudicare di un caso di applicazio­ne di questa norma”.

Una valutazion­e preliminar­e dovrebbero farla anche i membri della Commission­e affari costituzio­nali alla Camera (il presidente appena eletto è il forzista Nazario Pagano). “In teoria – aggiunge Pertici – un rilievo di costituzio­nalità potrebbe essere fatto dalla stessa Commission­e

affari costituzio­nali, dove però finisce per prevalere la logica di maggioranz­a, o anche dallo stesso Presidente della Repubblica ma la questione non parrebbe configurar­si in termini tali da determinar­e un suo intervento”.

ALTRA MISURA

introdotta in manovra da Meloni è quella del mese di congedo parentale in più retribuito all’80 per cento e utilizzabi­le fino al sesto anno del bambino. Un “piccolo salvadanai­o del tempo” lo ha definito la premier e leader di FDI ma concesso solo alle madri, mai ai papà. “Anche qui c’è un discorso di indirizzo politico – aggiunge Azzariti – In tal caso purtroppo questa parità non c’è stata. Il congedo parentale ha come ratio il permettere alla madre ma anche al padre la cura dei figli neonati. Bene che ci sia l’estensione di questo congedo di maternità alla madre, male che ciò non sia previsto per il padre”.

L’ALLARME “VIOLATO IL PRINCIPIO DI RAGIONEVOL­EZZA: NORMA IDEOLOGICA”

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ANSA/LAPRESSE Palazzo Chigi A sinistra, la leader di FDI Giorgia Meloni, presidente del Consiglio
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Distinzion­e irragionev­ole, si solleva una questione del principio di uguaglianz­a
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ANDREA PERTICI

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