ADDIO REDDITO, QUANTO PELO SULLO STOMACO HA LA PREMIER
Ci sono calamità che il mondo chiama dichiarazioni istituzionali. Qualcosa del tipo: siamo molto soddisfatti, abbiamo risparmiato sulla carità. Parola del premier. Prima finanziaria. Più o meno. L’idea vintage e brianzola che svolazza leggiadramente tra gli scranni, e fa tutti un po’ fautori del selfmademan, balla datata anni 80, poetica di tette e culi – metaforicamente – e di Drive In. Quel genere di garbo lì insomma in scelte e militanze mi sembra risuonare magicamente oggi sugli spalti dei signorini con il Rolex al polso.
Negli anni 80 splendeva tutto come maniglie di ottone, i poveri sotto al tappeto. E chi se li ricorda, i poveri. Oggi, i fautori con mani da signorine, idem. Splendidi. Tuonano, tolto il mio riferimento iconico Conte, “datevi una mossa”, immaginatelo detto alla romana. Tempo otto mesi e, se non hai trovato altro, ciao fratello. Cioè addio Reddito, addio. Molto meloniano come incipit.
Una concezione piuttosto vaga, qualunquista, del lavoro, della necessità. Della disperazione. Signora Meloni, signor presidente, quale fastidio le dà il poco che lei, con i suoi ambiti soddisfatti (lavoro, famiglia, salute, credo, conto in banca), ambisce a sottrarre al minimo? Sa, la minuzia, che lei converrà di certo, chiamarsi essere umano. Ma le dò ragione è pur sempre uno schifosissimo povero, un parassita, colore smorto della società. Bisogna averci del pelo nello stomaco, purtuttavia. Oltre che un debito morale: con i suoi privilegi, le sia da mordente la vecchia storia della ruota, oggi a me domani a te. Nonché mi preme ricordarle moniti celesti e parabole, non dimentichi l’esisto evangelico sul destino del povero Lazzaro, coperto di piaghe, alla porta del ricco crapulone. Sappiamo tutti come è andata a finire.
DISPERAZIONE AI POVERI DICONO: “DATEVI UNA MOSSA”