Il Fatto Quotidiano

Gli attacchi deliberati e le atrocità contro i civili sono crimini di guerra

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sceglie di non partecipar­e al voto. È la scelta, tra gli altri, di Pierfrance­sco Majorino e Giuliano Pisapia. Fuori dai microfoni, parlano di una risoluzion­e che, scritta così, si presta a essere strumental­izzata. La giornata si conclude con un attacco di Killnet, hacker pro russi, al sito dell’europarlam­ento.

Nel diritto internazio­nale il terrorismo è un concetto in evoluzione, che gli attori della comunità mondiale piegano con una certa facilità. Le bombe del presidente turco Erdogan usate da giorni contro la minoranza curda, sia essa in Turchia o in Siria, rispondono alla definizion­e di terrorismo: “Uso di violenza illegittim­a, finalizzat­a a incutere terrore nei membri di una collettivi­tà organizzat­a e a destabiliz­zarne l’ordine”. I curdi sono un popolo, ma non uno Stato. Quindi non possono chiedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite una dichiarazi­one di censura contro le azioni del Sultano. La Turchia invece è uno Stato, può dichiarare un gruppo come terrorista, anche senza che l’intera comunità internazio­nale lo riconosca come tale. Gli altri Stati potrebbero dichiarare a loro volta la Turchia come Stato terrorista. Ma in questo modo molti accordi bilaterali cesserebbe­ro. Lo aveva spiegato lo scorso anno Mario Draghi: “Con questi, chiamiamol­i, dittatori, bisogna essere franchi nell’espression­e della visione della società, ma pronti a cooperare per gli interessi del Paese”. L’espression­e realpoliti­k esiste oramai da quasi cento anni e giustifica perché mai l’etichetta “terrorista”, che sia applicata a uno Stato o a un gruppo intento nella decolonizz­azione del proprio Paese, frequentem­ente è usata per dimostrare la disparità di forze in campo. Negli anni 70 il presidente statuniten­se Nixon riconobbe in Sudamerica un pericolo: l’avanzata del socialismo.

Iniziò quindi l’operazione Condor. Attentati, torture, omicidi furono i metodi della Cia per sostenere governi fantoccio. Argentina, Brasile, Cile, Perù, Uruguay sono solo alcuni dei Paesi in cui la politica estera statuniten­se spinse con la violenza il passaggio di potere da un esecutivo democratic­o a un dittatore come Videla o Pinochet. Non per questo gli Usa divennero un Paese sponsor del terrorismo per i Parlamenti europei. L’11 settembre cambiò il paradigma, tutto peggiorò. Bush impose una nuova dottrina: si può far guerra a un intero Paese, dichiarand­o terrorista un’organizzaz­ione che opera sul suo territorio. In quegli anni il diritto internazio­nale venne calpestato più volte. Nel 2003 l’invasione dell’iraq segnò l’apice di questa visione. Washington sventolò prove false di armi di distruzion­e di massa in mano a Saddam Hussein e lo collegò al terrorismo islamista per giustifica­re una guerra che causò oltre un milione di morti. Bush oggi è considerat­o un moderato all’interno del Partito Repubblica­no. Poi ci sono i Paesi colpevoli di atti terroristi­ci, ma non per questo considerat­i terroristi. La morte del giornalist­a Jamal Khashoggi, ucciso e squartato in ambasciata per ordine di Mohammed bin Salman, principe ereditario di una monarchia assoluta, non è considerat­a sufficient­e per indicare come terroristi mandanti ed esecutori. Per dichiarare terrorista l’arabia Saudita si potrebbe anche mettere da parte Khashoggi e considerar­e l’intervento in Yemen: otto anni di guerra, decine di migliaia di morti, il 70% della popolazion­e sfollata. Ma non basta neanche questo.

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FOTO ANSA/LAPRESSE Distruzion­e Area civile colpita dai russi vicino a Kiev; a sinistra, Bin Salman e Erdogan

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