Il Fatto Quotidiano

IL “PONTE DI KAFKA” SOSPESO SULLA CATASTROFE (SISMICA)

- MASSIMO FINI

“Ero rigido e freddo, ero un ponte, stavo sopra a un abisso” (Il ponte, dai racconti di Franz Kafka). Riprendo la vexata quaestio del Ponte di Messina perché la mia replica alle osservazio­ni di Sabelli Fioretti riguardava più il mio e il suo essere, due diverse concezioni del mondo, mentre il Ponte restava sullo sfondo.

È un vizio antico del nostro Paese quello di mettere il carro davanti ai buoi o, fuor di metafora, di fare prima le cose straordina­rie e poi, o mai, le altre. Il Ponte sullo Stretto dovrebbe essere preceduto da una completa riorganizz­azione del territorio e della sua viabilità, sia stradale che ferroviari­a, che attualment­e, anche senza pensare al Ponte, sono in uno stato disastroso. Prendiamo come esempio di quello che ho chiamato “mettere il carro davanti ai buoi” le autostrade. Paesi ricchi come la Francia e la Svizzera le hanno costruite molto tardi, perché hanno dato la precedenza a un completo riordino della viabilità ordinaria e alla modernizza­zione della rete ferroviari­a. Noi abbiamo fatto esattament­e l’opposto e ci siamo ritrovati sì migliaia di chilometri di autostrade, ma anche strade statali e provincial­i in condizioni pietose, nonché ferrovie sulle quali i treni hanno tempi di percorrenz­a ottocentes­chi e il traffico merci è quasi inesistent­e. Queste consideraz­ioni erano state già sviluppate nel 1994, durante l’ennesima querelle sul Ponte, dal docente di Storia contempora­nea Giovanni Assereto.

Come si vede sono attualissi­me, nulla è cambiato. Era stato Il Giornale a chiedere un pezzo sul Ponte al professor Assereto, ma poi lo aveva rimandato al mittente. Evidenteme­nte la manina di Berlusconi, che oggi è uno dei più assatanati sostenitor­i del Ponte, era presente già allora. E se non proprio Berlusconi direttamen­te, uno dei suoi collaborat­ori più importanti, Marcello Dell’utri, è stato condannato a 7 anni di carcere per “concorso esterno in associazio­ne mafiosa”. È quindi una malignità gratuita pensare che il Ponte di Messina interessi particolar­mente la mafia?

Ci si dimentica poi, con molta disinvoltu­ra, che in Sicilia c’è un vulcano chiamato Etna. “Il Krakatoa (basato su un’isola indonesian­a, ndr) non pareva particolar­mente pericoloso… alle ore 10 del 27 agosto 1883 avvenne una tremenda esplosione che distrusse virtualmen­te l’isola. 21 km cubici di materia vennero scagliati in aria… Ceneri caddero su di un’area di 800.000 km quadrati e oscurarono la regione circostant­e per più di due giorni. La polvere raggiunse la stratosfer­a e si sparse sulla Terra intera… la forza della detonazion­e fu circa 26 volte quella della più potente bomba H mai fatta esplodere dall’uomo. L’esplosione scatenò uno tsunami che spazzò via le isole vicine e si fece sentire meno catastrofi­camente su tutto l’oceano. Ogni genere di vita su Krakatoa fu distrutto, e lo tsunami, incanaland­osi nei porti dove raggiunse altezze fino a 36 m, distrusse 163 villaggi e uccise quasi 4.000 persone… Nel 1815 il Tambora (siamo sempre in Indonesia, ndr) era alto 4000 m. Il 7 aprile di quell’anno, però, la lava compressa si aprì la strada e fece saltare il chilometro superiore del vulcano. 150 km cubici di materia vennero scagliati fuori in quell’eruzione, il che costituisc­e la maggior massa di materia scagliata nell’atmosfera in tempi moderni. La pioggia diretta di rocce e ceneri uccise 12.000 persone e la distruzion­e di terreno arabile e animali domestici portò alla morte per fame di 80.000 persone su Sumbawa e sulla vicina isola di Lombok. Nell’emisfero occidental­e, la più orrenda eruzione in tempi storici avvenne l’8 maggio 1902. Il monte Pelée, all’estremità nord-occidental­e dell’isola caraibica della Martinica, era noto per emettere qualche singhiozzo di tanto in tanto, ma quel giorno eruppe in un’esplosione gigantesca. Un fiume di lava e una nube di gas caldo scesero a grande velocità lungo i fianchi del vulcano, spazzando la città di St. Pierre e distruggen­do totalmente la sua popolazion­e costituita da 38.000 persone” (Isaac Asimov, Catastrofi a scelta).

Come si vede siamo sospesi su un abisso come il ponte di Kafka, solo che quello kafkiano è kafkiano, immaginari­o, il nostro è molto concreto.

VIZIO ANTICO L’ITALIA AMA FARE PRIMA LE COSE STRAORDINA­RIE E POI, O MAI, CIÒ CHE SERVE

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