Le Regioni (pure di centrodestra) si ribellano: “Ridateci i navigator”
Gli ultimi mille sono scaduti a fine ottobre: 9 regioni (7 di FDI e soci) chiedono una proroga per legge
La rivolta è partita da Molise, Sicilia e Basilicata, tutte e tre governate dal centrodestra. Poi si sono accodate anche Calabria, Sardegna, Friuli-venezia Giulia, Abruzzo, Lazio e Toscana. In tutto 9 regioni (di cui sette amministrate dal centrodestra) stanno chiedendo al governo Meloni il rinnovo dei navigator – quelle figure professionali che dovrebbero aiutare i percettori del Reddito di cittadinanza nel mondo del lavoro – fino al 31 dicembre nonostante la contrarietà del governo. Altrimenti i centri per l’impiego regionali rischiano il collasso. Tutto questo mentre a Roma Meloni ha deciso di tagliare il reddito di cittadinanza in legge di Bilancio, ed eliminarlo dal 2024. Un paradosso evidente: con una mano il governo tiene per altri 14 mesi l’assegno (10 per gli occupabili), con l’altra decide di eliminare fin da subito i navigator, proprio i protagonisti delle politiche attive per il lavoro che Fratelli d’italia proverà a potenziare. Creando anche un problema politico tra Roma e le Regioni del Sud guidate dal centrodestra, che adesso stanno chiedendo con insistenza al governo di trovare una soluzione per questi lavoratori che dall’oggi al domani sono rimasti a casa. Un cortocircuito che sta imbarazzando non poco Palazzo Chigi, se è vero che la prossima settimana una delegazione di assessori al Welfare incontrerà a Roma la ministra del Lavoro Marina Calderone per trovare una soluzione.
TUTTO ERA
iniziato il 28 ottobre scorso quando la direttrice generale del ministero del Lavoro, Anita Pisarro, aveva mandato alle 13 regioni che ancora usufruivano dei navigator una lettera per chiedere il numero di lavoratori ancora attivi e la loro volontà su una ulteriore proroga (scadevano il 31 ottobre). Una lettera che aveva provocato molte polemiche visto che in passato Meloni aveva definito “vergognoso e ridicolo” il rinnovo dei navigator voluto dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Così era intervenuto il ministero del Lavoro con una nota: nessuna proroga, quell’esperienza è finita.
Dal 1º novembre così mille lavoratori sono rimasti a casa. Una situazione che ha provocato disagi in molte Regioni del Sud dove i navigator hanno svolto attività connesse al Reddito di cittadinanza, ma anche di politiche attive come previsto dal programma Gol (Garanzia Occupabilità Lavoratori) finanziato con fondi del Pnrr. Non solo: molte Regioni, indietro col piano di potenziamento dei centri per l’impiego, senza i navigator non sanno come andare avanti.
Per questo, il 7 novembre la dem toscana Alessandra Nardini, che coordina la Commissione interregionale degli assessori al Lavoro, ha riunito i colleghi e in quell’occasione molti esponenti di centrodestra hanno comunicato la loro intenzione di andare avanti con la proroga dei navigator per altri due mesi. A staccarsi sono state Marche, Liguria, Puglia ed Emilia-romagna ma le restanti nove hanno chiesto un ulteriore rinnovo. In particolare lo hanno fatto Molise, Sicilia e Basilicata dove l’assessore al Lavoro Alessandro Galella è proprio di Fratelli d’italia. “Sono figure troppo importanti” ha spiegato Galella. Ricevendo la risposta stizzita di Elena Donazzan, collega meloniana del Veneto, secondo cui “un problema locale non può ricadere su tutte le altre Regioni”. Sì,
Troppo tardi? Simbolo dell’odiato sussidio anti-povertà, la ministra Calderone ha provato a salvarli il mese scorso
perché la proroga dei navigator dovrebbe rimanere sotto Anpal e finanziata con risorse nazionali. Alle tre regioni del Sud se ne sono aggiunte altre sei.
COSÌ LA COMMISSIONE presieduta da Nardini ha mandato il report con le nove richieste al ministero del Lavoro. La prossima settimana una prima risposta arriverà con l’incontro in Via Veneto. Nel frattempo le giunte di centrodestra stanno facendo pressione sia sul ministero che su Palazzo Chigi per chiedere la proroga dei navigator. Creando molto imbarazzo in FDI: per rinnovare i lavoratori servirebbe una legge. Ma così il governo rinnegherebbe la linea dura tenuta finora.