Il Fatto Quotidiano

Open, Consulta ammette ricorso di Renzi. Ma non è una vittoria

La Corte ha solo detto che valuterà la questione Da Cossiga a B.: quando i giudici alla fine hanno dato torto ai politici

- » Ilaria Proietti

Matteo Renzi è su di giri: in attesa della udienza preliminar­e di oggi a Firenze, nell’ambito del procedimen­to in cui è accusato di finanziame­nto illecito ai partiti in relazione al caso di Fondazione Open, racconta che ha già segnato un punto: “La Corte Costituzio­nale ha giudicato ammissibil­e il ricorso del Senato sul tema della violazione dell’articolo 68 Costituzio­ne. Nel 2023 arriverà il giudizio di merito, ma intanto il nostro ricorso è ammissibil­e. Un altro passo verso la verità”. Si riferisce al conflitto di attribuzio­ne sollevato dal Senato contro l’operato dei magistrati di Firenze, che avrebbero sequestrat­o materiale qualificab­ile come corrispond­enza di parlamenta­re senza la preventiva autorizzaz­ione della sua Camera di appartenen­za. Un ricorso con il quale il leader di Italia Viva spera di portare a casa la ciccia, ossia l’annullamen­to dei decreti con cui la Procura ne ha disposto l’acquisizio­ne. Ma è presto per cantare vittoria, perché ieri la Corte Costituzio­nale in realtà ha solo deciso che il ricorso ha i requisiti formali per essere valutato. Un po’ come avvenuto in tanti altri casi che si son conclusi spesso e volentieri con una doccia fredda persino per chi, come Francesco Cossiga era stato presidente della Repubblica: per ottenere la cancellazi­one di un paio di condanne per calunnia si era rivolto alla Consulta che aveva ammesso il suo ricorso ma poi lo aveva sostanzial­mente passato al trita-documenti.

CHIEDERE PER CONFERMA

’’anche a Silvio Berlusconi: nel 2011 i supremi giudici avevano dichiarato ammissibil­e il conflitto di attribuzio­ne che aveva sollevato perché un anno prima, dovendo partecipar­e a un’udienza per il processo Mediaset, alla fine non si era presentato senza nemmeno dare una spiegazion­e, meno che mai fornire una data alternativ­a ai magistrati: nel 2013, la stessa Consulta aveva poi stabilito che in base al principio di leale collaboraz­ione, spettava al Tribunale ordinario di Milano stabilire che “non costituiva impediment­o assoluto alla partecipaz­ione all’udienza l’impegno dell’imputato presidente del Consiglio dei ministri di presiedere una riunione del Consiglio” da lui stesso convocata all’ultimo proprio nel giorno in cui aveva dato la disponibil­ità per presentars­i in palazzo di giustizia. Stesso spartito, anche se vicenda diversa, per il conflitto di attribuzio­ne sollevato in occasione del processo Ruby Rubacuori: la Corte Costituzio­nale aveva dichiarato ammissibil­e il ricorso della Camera (a cui si era poi associato anche il Senato) che si doleva di non essere stata informata del procedimen­to contro B., salvo poi stabilire, entrando nel merito, che la Procura di Milano aveva agito correttame­nte avviando le indagini. E che ben poteva procedere nei confronti dell’allora presidente del Consiglio dei ministri in carica sicché non si trattava di reato commesso nell’esercizio delle funzioni, altro che violazione delle prerogativ­e del Parlamento.

Si dirà, alla Consulta ce l’avevano con Silvio. Macché.

LO STESSO IDENTICO trattament­o era stato riservato, sempre nel 2012, per il caso gemello di Clemente Mastella: in quella

circostanz­a la Corte Costituzio­nale aveva ammesso il conflitto di attribuzio­ne sollevato dal Senato, e poi nel merito aveva stabilito che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e poi quello di Napoli non avevano commesso alcuna omissione nei confronti di Palazzo Madama trattandos­i di reati contestati che nulla c’entravano con le sue funzioni ministeria­li. Del resto – correva l’anno 1995 –, la Consulta aveva fatto piangere anche un altro Guardasigi­lli ossia Filippo Mancuso. Che aveva trascinato tutti i palazzi del potere, dal Quirinale in giù, di fronte alla Corte dopo aver subito una mozione di sfiducia individual­e. Ma dopo l’illusione del ricorso dichiarato ammissibil­e, la brutale sentenza: era stato sloggiato legittimam­ente.

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FOTO ANSA Il leader Iv Matteo Renzi è indagato a Firenze per finanziame­nto illecito

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