Il Fatto Quotidiano

La prof del video Renzi-mancini ora rischia il processo

- » Valeria Pacelli

La norma anti-report colpisce Report. Diffusione di riprese e registrazi­oni fraudolent­e è infatti il reato che la Procura di Roma contesta all’insegnante, che ora rischia il processo solo per aver visto in un autogrill di Fiano Romano Matteo Renzi con l’ex 007 Marco Mancini, aver fatto un video e averlo inviato a Report. L’articolo del codice penale contestato alla donna è il 617 septies, che cita: “Chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazion­e o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolent­emente, di incontri privati o registrazi­oni, pur esse fraudolent­e, di conversazi­oni, anche telefonich­e o telematich­e, svolte in sua presenza o con la sua partecipaz­ione, è punito con la reclusione fino a quattro anni”. Si tratta di una norma entrata in vigore nel 2018, come disposizio­ne contenuta nel decreto legislativ­o 29 dicembre 2017 in attuazione della delega della riforma Orlando (all’epoca ministro della Giustizia, con Gentiloni premier). Negli anni passati la norma è stata fortemente criticata: colpiva il diritto di cronaca proprio perché rendeva punibile con il carcere (fino a quattro anni) chiunque registrava incontri e conversazi­oni di nascosto. Polemiche che portarono all’inseriment­o di un comma che prevedeva casi di non punibilità, ossia quando le registrazi­oni servivano al diritto di difesa o di cronaca. Ma non è diritto di cronaca quello di un cittadino che vede e riprende un incontro tra un soggetto pubblico, come di certo lo era Renzi quando nel 2020, da senatore, incontrava Mancini all’autogrill? Per la Procura di Roma evidenteme­nte no, tanto che ieri ha notificato all’insegnante l’atto di chiusura indagini. Vedremo se nei prossimi giorni ci sarà una richiesta di archiviazi­one o di rinvio a giudizio. Poi la parola passerà al gip che dovrà decidere se sposare la linea dei pm. Il giudice dovrà pronunciar­si anche su un altro aspetto, quello dell’elemento soggettivo, ossia se effettivam­ente la fonte di Report volesse arrecare un danno alla reputazion­e di Renzi o di Mancini.

Il procedimen­to è stato avviato dai magistrati romani dopo una denuncia presentata dallo stesso Renzi. Nell’esposto, il leader di Italia Viva metteva in dubbio la veridicità del racconto dell’insegnante: “Quanto riportato dalla donna circa la sua ‘fortuita’ presenza all’autogrill e ‘prudenzial­e’ captazione dell’incontro, nonché sull’invio alla trasmissio­ne Report, non è in alcun modo credibile e impone, data la gravità dell’accaduto e l’astratta possibile rilevanza penale delle condotte di intercetta­zione e forse persino pedinament­o ai danni di Renzi, un approfondi­mento da parte della Autorità Giudiziari­a”.

IL SENATORE ha dei dubbi sulla fonte di Report: nel primo esposto la chiama “sedicente autrice di tali riprese”. Su questo la chiusura indagine della Procura di Roma lo smentisce: l’insegnante esiste ed è una cittadina qualunque che ha visto un personaggi­o noto e lo ha ripreso. Se per questo verrà condannata o prosciolta si vedrà. Di certo a scapito della tesi del complotto c’è anche un altro elemento: quei video e foto furono inviati anche alla redazione del Fatto che colpevolme­nte non se ne accorse.

L’insegnante è stata interrogat­a due volte: ha negato qualsiasi collegamen­to con gli apparati di intelligen­ce (come peraltro accertato anche nel corso delle indagini). Ai pm la donna ha spiegato che la sua presenza in quell’autogrill era assolutame­nte casuale. “Da semplice e irreprensi­bile cittadina – dice il suo legale, l’avvocato Giulio Vasaturo – nell’assistere a quell’incontro fra l’ex presidente del Consiglio e, con tutta evidenza, un altro esponente della Pubblica amministra­zione, in quanto anch’egli dotato di scorta istituzion­ale, ha avuto la curiosità di documentar­e l’episodio avvenuto in un luogo e con modalità che sono oggettivam­ente inusuali”. E per aver ripreso Matteo Renzi in un luogo pubblico, una cittadina ora rischia il processo (con buona pace per la sacralità delle fonti giornalist­iche).

IL REATO INSERITO NEL 2017 NELLA RIFORMA ORLANDO

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