Il Fatto Quotidiano

QUEGLI STIVALI DI FANGO: ARMA RETORICA A DOPPIO TAGLIO

- » Gad Lerner

Quando era un dirigente dell’unione sindacale di base (USB) ho più volte incontrato Aboubakar Soumahoro tra i lavoratori della logistica di Piacenza, nelle baraccopol­i di Rosarno e fra i raccoglito­ri di pomodoro nel Foggiano. Per questo mi permetto di ricordargl­i, con amicizia, un episodio della vita di Giuseppe Di Vittorio, il bambino bracciante divenuto padre del sindacato italiano, al cui esempio spesso Abou si richiama.

Quando la Cgil commission­ò a Carlo Levi un ritratto del suo segretario generale, Di Vittorio pretese e ottenne che quel dipinto venisse rifatto: trovava improprio essere immortalat­o dall’artista con la camiciola della sua gioventù nelle cafonerie pugliesi; Carlo Levi allora lo rifece in giacca e cravatta come si conviene al

RIFIUTÒ DI FARSI RITRARRE NEI CAMPI

dirigente di una grande organizzaz­ione che lotta per la dignità e il riscatto dei lavoratori.

Mai Di Vittorio (che pure fu parlamenta­re, all’epoca non c’era l’incompatib­ilità) avrebbe varcato l’ingresso di Montecitor­io con gli stivali infangati. Così come non si sarebbe mostrato in catene di fronte alla Camera dei deputati.

La retorica politica è un’arma a doppio taglio perché si affaccia sempre sull’orlo dell’inautentic­ità. Per questo ho sempre preferito dichiarare le contraddiz­ioni della mia modesta biografia, a costo di venir etichettat­o “comunista col Rolex”, pur condividen­do le battaglie di Aboubakar. Il ricorso all’enfasi e a una rappresent­azione letteraria di sé offre il destro a subitanee demolizion­i personali, come quella di cui egli è oggetto in questi giorni, per la gioia degli xenofobi che guardano con dispetto l’afroitalia­no acculturat­o parlante una lingua forbita.

Sulle vicende giudiziari­e riguardant­i le sue familiari, non entro. Tanto mi bastava dirgli, con affetto.

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