Boris e gli altri “La cultura è un ponte tra i popoli anche nei tempi più bui”
CARA REDAZIONE, la lettera del console ucraino al presidente della Regione Lombardia, al sindaco e al sovrintendente della Scala, affinché si riveda la programmazione del teatro che aprirà con il Boris Godunov, mi ha riportato alla mente la reazione dell’ambasciata ucraina ai tempi della Via crucis, quando Papa Francesco decise di far portare la croce alla Tredicesima Stazione a due amiche, una russa e una ucraina. Anche allora si sollevarono perplessità da parte delle istituzioni ucraine, che addirittura boicottarono la messa in onda di quello che doveva essere invece un fortissimo invito alla pace. Fu anche rivisto il messaggio che divenne più stringato e ancora più forte. Voglio ricordarlo: “Di fronte alla morte, il silenzio è più eloquente delle parole. Ognuno preghi nel proprio cuore per la pace nel mondo”.
C’è sicuramente alla base della lettera del console una legittima preoccupazione: che la Federazione russa utilizzi la cultura anche come propaganda. Ma censurarla significa rispondere con le stesse armi. Tra l’altro, nel caso di Boris Godunov si tratta di un’opera fortemente critica del potere. Non dobbiamo confondere i governanti con i popoli. E non commettere l’errore e l’orrore che accade già nel Donbass dove viene proibito di parlare in ucraino nelle scuole, o in Russia dove viene “riscritta“la storia, ma anche in Ucraina dove è bandita la letteratura russa. Quello che chiede il console è una sorta di bando a tempo per la cultura russa finché giustizia non sarà fatta. Ma in questo modo forse perdiamo tutti: la cultura deve essere un
ponte tra i popoli anche nei tempi più bui. Porto il mio piccolo esempio: sono laureato in Cinema. Non avrei potuto esserlo senza aver studiato Ejzenštejn e il suo montaggio “delle attrazioni”, Tarkovskij e Solaris (in cui ricerca nello spazio infinito e riconciliazione col padre viaggiano in parallelo), Konchalovsky e A 30 secondi dalla fine (in cui la fuga disperata di un galeotto considerato “irrecuperabile” dalla società è intrisa di ferocia, ineluttabilità e disperata pietas shakespeariana. Verso se stessi e la vita). Se non avessi studiato i cineasti russi, non avrei compreso il cinema, non avrei superato gli esami all’università, non avrei acquisito un mestiere (lavoro nell’audiovisivo da molti anni). La cultura, l’arte, la lingua sopravvivono anche agli errori, alle violenze, agli autocrati, alle manipolazioni. Sono strumenti per avvicinarsi al mondo, non per allontanarlo.