Alla fiera dell’est la guerra ucraina è un buon affare
La guerra in Ucraina rappresenta una grande occasione per l’industria militare dell’est europeo che si sta dando molto da fare per rifornire Kiev. I governi di quella regione, per ovvi motivi, sono in prima linea negli aiuti di ogni tipo di cui quello militare è senz’altro il più significativo. Tra i primi sette Paesi per aiuti complessivi all’ucraina, in percentuale al Pil, sei sono dell’est: Estonia, Lettonia (intorno allo 0,9%) Polonia (con lo
0,6) poi a scendere (tra lo 0,30 e lo 0,40) Lituania, Norvegia, Slovacchia e Repubblica Ceca. Infine i grandi Paesi con Pil molto più significativi: Gran Bretagna, Portogallo, Stati Uniti, con l’italia al 24° posto con lo 0,15% del Pil destinato agli aiuti.
PRIMA LINEA AZIENDE POLACCHE E CECHE MIRANO AL MERCATO DELL’EXPORT
PER QUANTO RIGUARDA gli aiuti strettamente militari, nella lista stilata dal Kiel Institute for the World Economy e riportata dalla Reuters, la Polonia si trova al terzo posto con 2 miliardi di forniture tra il 24 gennaio e il 3 ottobre (gli Stati Uniti sono per ora a 25 miliardi). “Il conflitto ha offerto nuove opportunità per l’industria degli armamenti della regione”, hanno riferito alla Reuters una dozzina tra funzionari governativi e manager industriali.
“Esiste una reale possibilità di entrare in nuovi mercati e aumentare i ricavi delle esportazioni nei prossimi anni”, ha affermato ad esempio Sebastian Chwalek, amministratore delegato della Pgz polacca, che si colloca al 68° posto nella lista delle industrie militari stilata dal Sipri di Stoccolma, con circa 1,5 miliardi di vendite nel 2020 (l’italiana Leonardo, tredicesima, ha venduto per circa 11 miliardi, mentre al primo posto la Lockheed Martin ha un fatturato di 58 miliardi).
La Pgz è di proprietà statale e controlla più di 50 aziende produttrici di armi e munizioni con partecipazioni in dozzine di altre.
Ora prevede di investire fino a 8 miliardi di zloty (1,8 miliardi di dollari) nel prossimo decennio, più del doppio del suo obiettivo prebellico, ha detto Chwalek. Il documento programmatico della Difesa polacca, del resto, vuole portare le spese militari al 3 per cento del Pil (ben oltre il limite del 2% indicato dalla Nato) con un ‘incremento degli organici delle Forze Armate fino a 300 mila effettivi entro i prossimi 12 anni contro gli attuali 120 mila).
Ma, come visto, non c’è solo la Polonia. Un altro Paese proiettato verso gli aiuti – nella lista del Kiel Institute è al sesto posto – è la Repubblica Ceca, già grande esportatore di armi al tempo del Patto di Varsavia: “Abbiamo il personale, la base materiale e le linee di produzione necessarie per aumentare la capacità”, ha detto alla Reuters
il suo ambasciatore alla Nato, Jakub Landovsky. “Questa è una grande opportunità per i cechi di aumentare ciò di cui abbiamo bisogno dopo aver dato agli ucraini le vecchie scorte dell’era sovietica. Possiamo essere un partner affidabile nell’industria degli armamenti”, ha continuato.
L’ucraina ha ricevuto quasi 50 miliardi di corone (2,1 miliardi di dollari) di armi e attrezzature da società ceche, circa il 95% delle quali erano consegne commerciali, ha detto alla Reuters il viceministro della Difesa ceco, Tomas Kopecny. Le esportazioni di armi ceche quest’anno saranno le più alte dal 1989, “con molte aziende del settore che aggiungeranno posti di lavoro e capacità”.
“Per l’industria della difesa ceca, il conflitto in Ucraina e l’assistenza che fornisce è chiaramente una spinta che non abbiamo visto negli ultimi 30 anni”, ha detto Kopecny.
David Hac, amministratore delegato del Czech STV Group, ha delineato alla Reuters i piani per aggiungere nuove linee di produzione per munizioni di piccolo calibro e ha affermato che sta valutando la possibilità di espandere la sua capacità di grosso calibro. Un modo, spiega, anche per compensare le perdite nel settore automobilistico.
Le vendite della difesa hanno aiutato il gruppo ceco, che possiede società tra cui Excalibur Army, Tatra Trucks e Tatra Defence, a raddoppiare quasi i ricavi del primo semestre rispetto all’anno precedente, portandoli a 13,8 miliardi di corone.
Alla fiera dell’est, insomma, la guerra è anche un affare.