Il Fatto Quotidiano

L’amarezza dell’ex ministra: “Il cambio non era scontato”

- GIANLUCA ROSELLI

Ci ha provato a restare al suo posto, alla guida della Fondazione Maxxi, Giovanna Melandri, qui dal 2012. E un po’ ci sperava. E già l’aver convocato una conferenza stampa in fretta e furia, a poche ore dalla nomina di Alessandro Giuli da parte di Gennaro Sangiulian­o, per elencare i risultati raggiunti in questi dieci anni, fa intuire il clima che ieri si respirava nella struttura realizzata da Zaha Hadid. “Sono un po’ triste, ma orgogliosa di ciò che abbiamo fatto. Vi lascio un gioiello”, esordisce Melandri, quasi commossa. Sottotesto: me ne vado, ma chi meglio di me? E ai più attenti non era sfuggito il suo post su Instagram dopo il discorso di Giorgia Meloni alla Camera, il 25 ottobre scorso. “Ho apprezzato i passaggi più intimi, quando si è definita underdog, una che sbaraglia i pronostici. Molte donne (anch’io) hanno conosciuto questa sensazione e questa fatica…”, scriveva l’ex ministra dei Beni culturali del governo D’alema. Una sviolinata che aveva strappato sorrisi maliziosi nella Capitale. In cosa poi Melandri possa definirsi “sfavorita” appartenen­do a un’ottima famiglia della borghesia romana (cugina, tra l’altro, di Giovanni Minoli), con doppia cittadinan­za americana e italiana (è nata a New York), due volte ministro e deputata ininterrot­tamente dal 1994 al 2012 (quando planò al Maxxi), si fatica a immaginarl­o. Ieri, però, la sua delusione era palpabile. “L’avvicendam­ento era nell’ordine del possibile, ma non scontato. È stata una scelta politica, si poteva decidere diversamen­te. Faccio a Giuli i miei migliori auguri”, osserva la presidente, accolta da una standing ovation in una conferenza stampa che – ormai vizietto bipartisan – non prevede domande. Solo qualcuna a margine, in mezzo agli abbracci di amici e collaborat­ori. Ma del resto era difficile che Sangiulian­o, alla sua prima nomina importante, potesse confermare una persona così targata Pd. Ieri Melandri ha provato a rivestirsi da tecnica sottolinea­ndo di esser stata nominata dal governo Monti. Ma nessuno ci ha creduto, tantomeno la nuova destra al potere.

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