Le attrici coreane seducono la tv
Avvocate, giudici o ladre: una nuova generazione di interpreti tostissime
Icoreani lo fanno meglio. Parasite e Squid Game l’hanno letteralmente sdoganato, oggi l’audiovisivo della Corea del Sud associa indicazione geografica tipica e vocazione al pubblico globale: film o serie, c’è uno specifico irresistibile e, parrebbe, inesauribile.
AD AFFIANCARE The Sandman o Stranger Things nei più visti su Netflix degli ultimi mesi abbiamo Avvocata Woo, che ha debuttato sulla piattaforma a giugno, e per rimanere all’ambito giudiziario grandi consensi ha trovato La giudice ,anch’essa declinata al femminile e ospitata dal servizio streaming: “A parte la bravura, serietà e competenza di registi, sceneggiatori e addetti ai lavori, intelligenza e coraggio nell’affrontare tematiche inconsuete sono la chiave del successo delle serie coreane”. Da Taipei parla Giovanna Fulvi, massima esperta di audiovisivo asiatico, selezionatrice alla Festa di Roma e consulente del festival di Toronto: “Passionalità, visioni eccentriche e capacità di afferrare lo spettatore fin dalle prime battute degli episodi, i coreani sanno creare personaggi rotondi e suscitare emozioni forti e reali”. A corroborare, “l’abbondanza di attori e attrici bellissimi e/o carismatici”: uno star-system invidiabile, ancor più alle nostre latitudini.
“Non mi considero un avvocato normale”, dichiara nel primo episodio Woo Young-woo, principina del Foro di Seoul in grado di battersela non solo con Jennifer Walters, la She-hulk dell’omonima serie Marvel, ma addirittura con la mitologica Ally Mcbeal: è nello spettro dell’autismo, ha una irrefrenabile predilezione per balene e cetacei, odia le porte girevoli e conosce a menadito il Codice penale e civile, da cui – innegabile merito degli sceneggiatori – vengono i plot twist della prima stagione. E poi c’è lei, Park Eun-bin, “diventata assai famosa con Avvocata Woo, prima era una child actress non molto nota. Altre celebri interpreti di serie – continua Fulvi – sono Son Ye-jin, la protagonista di Crash Landing on You, Shin Min-a di Hometown Cha-cha-cha e Bae Doo-na, vista in Stranger e nel film Broker di Kore-eda Hirokazu”. Non da meno è Kim Hye-soo, ovvero l’algida e integerrima Giudice Shim Eun-seok: refrattaria – eufemismo – agli adolescenti ma assegnata a presiedere un tribunale dei minori, saprà tradurre antipatia in empatia?
SU NETFLIX LA RISPOSTA, e altre opportunità: Crash Landing on You, che inquadra l’incontro facilitato da un incidente paracadutistico tra una ricca ereditiera sudcoreana e un giovane ufficiale nordcoreano; Hometown Cha-cha-cha, fenomeno in patria costruito sulla graziosa dentista Yoon Hye-jin; Stranger, vale a dire La foresta dei segreti, che annovera gli sforzi di un procuratore e una detective su un caso di omicidi seriali. Il servizio streaming la fa appunto da padrone, e se noi possiamo gioirne senza patemi – Squid Game 2 è in cantiere, il 9 dicembre arriverà la seconda parte de La casa di carta: Corea – “a Seoul sta montando un sentimento anti-netflix. La piattaforma si sta prendendo il meglio dell’eredità cinematografica coreana senza pagare tasse”.
Piatto ricco mi ci ficco, l’export Netflix di serie made in Korea non conosce confini: “Al momento in Asia vanno per la maggiore Il diario della mia libertà, Our Blues e Reply 1988. Mentre Little Women sta andando bene negli States. Tutte ovviamente sono disponibili nel nostro Paese”.
CHIOSEREBBE il Sang-woo di Squid Game, “siamo già andati troppo lontano per farla finita adesso”, e se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, Netflix invero ha fatto alfabetizzazione: Avvocata Woo l’abbiamo vista senza doppiaggio italiano e senza nemmeno l’audio inglese, come fu già per Squid Game.
NON SOLO BTS E K-POP, dunque, la Corea fa proseliti su grande e piccolo schermo, affinando divismo ed eccezione culturale, ossia spettacolare. E canoni di – inarrivabile – bellezza femminile: diafane, misteriose, sensuali e volitive, magari non ne ricorderemo i nomi, ma le attrici sono entrate nel nostro immaginario. In principio fu Leeseung-yeon, la Sun-hwa di Ferro 3 (2004) dello scomparso Kim Ki-duk, poi venne Lee Young-ae, l’eponima Lady Vendetta (2005) di Park Chan-wook, quindi in anni più recenti l’esordiente Jeon Jong-seo di Burning (2018) di Lee Chang-dong, la Cho Yeo-jeong di Parasite (2019), diretto da Bong Joon-ho e premiato con quattro Oscar, infine l’eroina di Squid Game, la lanciatissima Jung Ho-yeon. Per ciascuna va bene Il Carosello di Virna Lisi: “Con quella bocca può dire ciò che vuole”. E con quella lingua: coreana.