Il Fatto Quotidiano

“Più avanzo primario di Draghi” Ora Meloni promette all’ue: “Tranquilli, faremo austerità”

- » Marco Palombi

In attesa che il testo definitivo della manovra sia depositato in Parlamento, a Bruxelles è stato inviato giovedì sera il Documento programmat­ico di bilancio (Dpb) che la descrive a un certo livello di dettaglio e parte da una promessa di non poco conto: tranquilli, amici brusselles­i, faremo austerità a partire dal 2023. Firmato: Giancarlo Giorgetti. Questo articolo farà necessaria­mente ricorso a qualche numero, ma è importante ricordare che quei numeri sono un pezzo della vita di persone e imprese in Italia: valgono un piccolo tributo alla noia.

E ORA, COSA DICE IL GOVERNO

nel Dpb? Che, in mezzo a una recessione, farà politiche pro-cicliche, cioè le darà una mano. È vero, scrive Giorgetti, che faremo più deficit di quanto previsto ad aprile (per 20 miliardi circa), ma alla fine del prossimo anno lo abbasserem­o comunque dell’1,1% rispetto a quello del 2022. Di più: “La riduzione del deficit sarà conseguita grazie a un migliorame­nto del saldo primario tale da ricondurlo a valori positivi dal 2024 in poi”. Il saldo primario è la differenza tra entrate e uscite dello Stato al netto degli interessi e, si vanta Giorgetti, il governo Meloni ne farà un po’ di più pure di quello previsto da Mario Draghi due mesi fa: “Il migliorame­nto delle previsioni del saldo primario rispetto a quelle di settembre compensa, interament­e nel 2023 e parzialmen­te nel 2025, il peggiorame­nto della spesa per interessi”. In sostanza, nei prossimi tre anni il governo si appresta – o sostiene di apprestars­i – a sottrarre decine di miliardi all’economia: è il principale marcatore di una politica fiscale restrittiv­a o “austera”.

Una notazione che ha fatto anche un economista decisament­e non anti-austerità come Giampaolo Galli (ovviamente sostenendo che è una strada obbligata e una scelta saggia): nel 2023 “la variazione del saldo struttural­e, ossia corretto per il ciclo, è -1,3% del Pil, ossia circa 26 miliardi che vengono sottratti all’economia”. E chi paga? A stare alle tabelle di Nadef e Dpb, gli stipendi dei dipendenti pubblici e i consumi intermedi della P.A. (beni e servizi). E non solo perché non viene recuperata l’inflazione, che è comunque un taglio della spesa: no, con una dinamica dei prezzi ancora in doppia cifra si prevede proprio di spendere meno soldi.

Nella tabella sintetica del Dpb la spesa dello Stato è prevista scendere di uno spettacola­re 2,6% quest’anno (che in soldi fa quasi 9 miliardi in un anno) nonostante una dinamica dei prezzi per i consumi pubblici prevista a +1,9%. Nelle tabelle più dettagliat­e della Nadef, invece, si scopre che i lavoratori pubblici lasceranno per strada, rispetto al 2022, 3 miliardi in tre anni mentre l’inflazione galoppa (il peso dei loro stipendi sul Pil passa dal 9,9% all’8,9% del 2024) e i consumi pubblici altri 4,1 miliardi (dall’8,8 al 7,8% del Pil). Isolando la spesa sanitaria si scopre che cala sia in termini assoluti che in proporzion­e al Pil (dal 7 al 6,2%). In sostanza, si prevede di tagliare la spesa, e non di poco, e poi si lascia che l’inflazione faccia il resto del lavoro gonfiando le entrate dello Stato e il Pil nominale (su cui si calcolano deficit e debito) e sgonfiando le tasche di famiglie e imprese italiane (meno stipendi e meno domanda dello Stato, meno ricavi di lavoratori e aziende).

TUTTA QUESTA FRAGILE

costruzion­e, che sta lì per piacere molto a Bruxelles, si basa sull’assunto che l’emergenza energetica inizi a sgonfiarsi fin dai primi mesi dell’anno, trascinand­o con sé entro qualche mese il resto dei prezzi e non imponendo al Paese una recessione più lunga di un paio di trimestri (questo e il prossimo): a guidare la scarsa crescita 2023 (+0,6%) dovrebbero essere i consumi privati (anche questi via inflazione, nel senso che magari si compra meno, ma si spende di più), gli investimen­ti fissi lordi (sperando nel Pnrr) e solo marginalme­nte l’export.

Ipotesi, come correttame­nte riconosce il governo, non proprio scritte sulla pietra, a partire da quella principale: “A marzo verrà rivalutata la situazione” e magari saranno necessarie “nuove misure di contrasto al caro energia utilizzand­o prioritari­amente eventuali entrate aggiuntive”. A colpi da 20 miliardi a trimestre, si arriva a 80 miliardi in un anno e tanti saluti al saldo primario.

TAGLI DURI COLPIRANNO STIPENDI E CONSUMI PUBBLICI

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La premier Giorgia Meloni e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti
FOTO ANSA D’amore e d’accordo La premier Giorgia Meloni e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti

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