“Norma da cambiare: l’indagine sulla fonte di Report inquietante”
“Da oggi in poi un cittadino che riprende un soggetto pubblico in un luogo pubblico deve avere paura. Quello che è successo alla fonte di Report è un segnale che mette in discussione i principi democratici”. Carlo Bartoli da un anno è il presidente dell’ordine dei giornalisti. Per lui la notizia dell’indagine sulla professoressa che ha ripreso un incontro all’autogrill di Fiano Romano tra Matteo Renzi e l’ex 007 Marco Mancini “non è affatto una buona notizia”.
La professoressa è indagata per diffusione di riprese e registrazioni fraudolente, ossia in base all’articolo 617 septies del codice penale, entrato in vigore nel 2018, come disposizione contenuta nel decreto legislativo 29 dicembre 2017 in attuazione della delega della riforma Orlando (all’epoca ministro della Giustizia, con Gentiloni premier, sostenuto in quegli anni da Matteo Renzi). La norma, se interpretata così come ha fatto la Procura di Roma, colpisce tutte le fonti giornalistiche?
Mi auguro che il rischio non ci sia perché quella della signora è una posizione limpida e quindi spero che venga immediatamente prosciolta. I cittadini hanno diritto, quando lo fanno in maniera trasparente, ad essere testimoni della realtà. Vorrei solo ricordare che in altri Paesi, come gli Stati Uniti, si tende a estendere ai cittadini le stesse garanzie assicurate ai giornalisti quando esercitano il diritto di cronaca.
L’art. 617 septies interpretato in maniera distorta I cittadini devono essere testimoni della realtà
Insomma secondo lei il diritto di cronaca deve essere esteso anche ai cittadini?
Certo, c’è un interesse pubblico diffuso a difendere le fonti. A questo punto dobbiamo capire in che ambito si vuole collocare il nostro Paese. Noi dobbiamo spingere affinché almeno una parte di questo diritto di cronaca sia esteso a tutti. Questo è un elemento a salvaguardia della democrazia. Il nostro è un Paese nel quale si possono sottoporre a intercettazioni illegalmente i giornalisti senza che questo costituisca un problema, ma un cittadino che fa un video di un soggetto pubblico, non in un ambiente privato ma pubblico, viene indagato. Tutto questo è inquietante.
È questa l’occasione per riflettere su questa norma? Quando fu introdotta molti la criticarono parlando proprio di una norma anti-report.
Questa norma, se così interpretata, va riscritta, perché un conto sono le intercettazioni illegali, altro è riprendere un fatto che è sotto gli occhi di tutti. Il problema è che ora potrebbe succedere a ogni cittadino per qualsiasi caso in cui è coinvolto un politico o un funzionario dello Stato. Questo è gravissimo. È un’interpretazione distorta. Colpendo le fonti, si colpisce indirettamente il giornalismo.
Perché la categoria dei giornalisti non reagisce?
Questa vicenda è venuta alla ribalta adesso. Credo che sia interesse di tutti i giornalisti manifestare vicinanza non solo a questa signora ma a tutti i cittadini che danno un contributo alla libertà di informazione. Non riguarda un caso o una persona specifica, ciò che bisogna difendere è un principio fondamentale per tutti e per la democrazia. Se poi la signora si fosse avvicinata in maniera furbetta e se avesse registrato in maniera fraudolenta la parte degli audio sarebbe stato diverso. Ma ciò che avviene sotto gli occhi di tutti non può essere secretato.
I segnali da parte della politica in questi anni non sono in direzione di una maggiore trasparenza. C’è stata la legge sulla presunzione di innocenza in vigore dal 2021 che ha imbrigliato magistrati e giornalisti dato che prevede esclusivamente comunicati stampa da parte dei procuratori e in alcuni casi conferenze stampa, ma solo se per “specifiche ragioni di interesse pubblico”. Cosa si aspetta per il futuro?
Dobbiamo chiederci verso che direzione vuole andare questo Paese, se si vuole allargare lo spazio alla libera informazione e trasparenza. Non è una questione dell’ultimo governo, finora dal Parlamento non si è manifestato alcun atto concreto volto ad allargare gli spazi di democrazia e di libertà di informazione nel nostro Paese.