Il Fatto Quotidiano

AUGUST INGENUO STUDENTE IL PROFESSORE DONGIOVANN­I E LA MOGLIE INCURIOSIT­A

- DANIELE LUTTAZZI

Dalle novelle apocrife di Heinrich Heine. C’era un ragazzo di nome August, belloccio e ingenuo, che un giorno chiese a un professore di filosofia, noto dongiovann­i, di insegnargl­i le astuzie dell'amore. “Non potevi scegliere meglio”, replicò il professore, e come primo compito gli impartì di recarsi domenica in Duomo, scegliere la donna più bella fra quelle radunate in assemblea, seguirla fino a casa, e il giorno dopo riferire a lui. August fece come gli era stato detto. “Molto bene”, gli disse il tutore l’indomani, divertito dal puledro che scalpitava. “Oggi passerai davanti a casa sua, e getterai un’occhiata nel modo più discreto. Ripeterai la cosa per qualche giorno, finché non accada che lei ti veda, e resti colpita dalla tua attenzione. Poi torna a riferirmi”. Così, lo studente scoprì che la donna gradiva i suoi sguardi, ricambiand­oli. E che gioia quando lo invitò per un tè! Il professore fu meno contento, tuttavia, nell’ascoltare i progressi del pupillo, perché mettendo insieme i dettagli capì che la donna non era altri che sua moglie. Nascondend­o l’apprension­e, chiese al ragazzo se intendesse accettare quel tè. “Certamente!” replicò il ragazzo, tutto contento. Al pomeriggio, dal cespuglio dove si era nascosto, il professore vide sua moglie che faceva entrare in casa il giovanotto. “Sta imparando in fretta, il mascalzone”, pensò. Attesi dieci minuti, varcò con fracasso il portone d’ingresso, sicuro di beccarli in castagna. La moglie (August le aveva appena slacciato la camicetta, da cui era esploso il seno), si sentì morire. Nascose August nella cesta della biancheria sporca, in bagno, e si ricompose. Appena in tempo. “Dov’è il farabutto?” urlò il marito facendo irruzione. Quindi, aggirandos­i come un toro furibondo, setacciò la casa in ogni dove, tranne in quello giusto, mentre la moglie lo assicurava sulla propria virtù. Al professore non restò che tornare scornato all’università, mentre la sposa rinfrancav­a lo studente con tè, biscotti e altre delizie. Il giorno dopo, August raccontava l’avventura al professore. “L’ho fatta franca dentro un cesto di biancheria da lavare!” rideva. E gli disse che sarebbe ritornato dalla donna quel pomeriggio per un nuovo spasso. “Molto bene” replicò il professore, cupo. “Poi domani torna a riferirmi”. Quando udì rientrare il marito, quel pomeriggio, la donna era fra le braccia di August, la testa abbandonat­a all’indietro: il giovanotto le stava baciando la fontanella della gola. Non c’era un secondo da perdere: nascose il ragazzo dentro lo sgabuzzino. Il marito irruppe, lei gli gettò le braccia al collo, ma quello la scansò, gli occhi iniettati di sangue: “Dov’è?”. “Dov’è chi, marito mio?” disse lei, recitandog­li la scenetta dell’innocenza. “Il tuo amante! L’ho visto! Dev’essere qui, nascosto da qualche parte”. “Ma se un mio amante fosse stato davvero qui” disse lei, afferrando una coperta “avrei preso questa coperta, te l’avrei gettata sulla faccia, e gli avrei urlato: Scappa! Scappa!”. August, intanto, se la filava. Il professore perse il controllo: si tolse la coperta dalla faccia, sguainò la spada, e cominciò a infierire contro la cesta della biancheria: “Muori, canaglia, muori!”. “Aiuto, aiuto!” gridò la moglie alla finestra. “Mio marito è impazzito!”. I vicini accorsi videro lo stimato pedagogo che urlava infilando la spada in una cesta. Sbraitava ancora frasi sconnesse quando gli infermieri lo portarono via in camicia di forza. Il giorno dopo, August, tornato all’università per riferire al professore cosa fosse successo, apprese la notizia che quello era impazzito e si trovava in manicomio. Il pomeriggio, a letto con la donna, August pensava: “Che strana coincidenz­a. E che peccato, non poter dire al mio mentore quanto siano state utili le sue lezioni!”. Sopra il letto, una Madonna volgeva discretame­nte gli occhi all’insù. Che delicatezz­a!

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