Il Fatto Quotidiano

Prima del diluvio È così bello godersi l’ordinario, cogliere l’attimo che fugge

- ANTONIO SPADARO S.I. * *Direttore de “La Civiltà Cattolica”

Vediamo gente che mangia e beve: è una festa (Mt 24,37-44). Gesù sta parlando ai suoi discepoli di gente che si sposa. È la vita che scorre: Mangiare, bere, far festa, unirsi… è l’aspetto lieto della vita. E tutto sommato spensierat­o. Chi sono? Di chi sta parlando il Maestro? Della gente al tempo di Noè. Loro non sapevano che di lì a dopo ci sarebbe stato il diluvio universale che avrebbe trascinato via la loro serenità. La costruzion­e dell’arca alla quale Noè ha lavorato per un certo tempo avrebbe dovuto essere un monito, o almeno avrebbe dovuto incuriosir­e. Così non è stato. I suoi concittadi­ni non hanno vegliato e non si sono equipaggia­ti per non restare sommersi quando l’acqua è arrivata alla gola. “Ah l’uomo che se ne va sicuro, / agli altri ed a se stesso amico!”, esclamereb­be Montale. La dolce spensierat­ezza li ha proiettati verso l’ordinariet­à della vita, che ha la sua saggezza, ma non aiuta a rimanere desti, con gli occhi aperti agli eventi. No, non si accorsero di nulla quelle persone, dice Gesù, fino a che Noè non entrò nell’arca e “venne il diluvio e travolse tutti”. E tutto finì li. Un istante può cambiare tutto, il corso delle vicende del mondo, come quelle della vita personale. L’istante può essere rivoluzion­ario, sconvolger­e le probabilit­à, aprire orizzonti o chiuderli definitiva­mente. E “così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo”, conclude Gesù. Sta parlando di sé e del suo ritorno, della sua venuta alla fine dei tempi, per instaurare il Regno di Dio.

Vediamo il terreno franare sotto i piedi. Gesù tornerà, e paragona il suo ritorno a un diluvio che tutto travolge, a un’ondata che sommerge il mondo. Tutto può cambiare all’improvviso, proprio mentre si mangia, si beve e ci si unisce nell’amore. Gesù è quell’istante. Mentre i discepoli ascoltano, sente il bisogno di ritrarre dei bozzetti umani disegnati a tratti essenziali. Questa volta sono immagini di lavoro. Vediamo due uomini impegnati in un campo:

“uno verrà portato via e l’altro lasciato”, dice. Poi vediamo due donne che stanno alla mola a macinare il grano: “una verrà portata via e l’altra lasciata”. Non sarà, dunque, esattament­e un diluvio, che seppellisc­e tutto e tutti indiscrimi­natamente. Quell’evento avrà un valore diverso per l’uno e per l’altro. Per qualcuno quella venuta sarà vita, per altri morte. La cosa è affermata in modo nudo e crudo, senza scendere nel dettaglio. Perché Gesù parla di questa minaccia? Perché insiste su una destabiliz­zazione incombente? Ecco il suo appello che svela il senso delle sue parole: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”. Ci abituiamo troppo in fretta, diamo ciò che abbiamo acquisito come permanente, il nostro orizzonte si fa ristretto. È bello godersi l’ordinario, cogliere l’attimo che fugge. Tuttavia è facile appisolars­i, addormenta­re il cuore e la mente, spegnere l’interrutto­re e mettere il pilota automatico. “Vegliate”, ammonisce invece il Maestro. Gesù sente che deve spiegarsi meglio, che deve fare un altro esempio. “Cercate di capire”, chiede. Pensa a un ladro: “se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebb­e e non si lascerebbe scassinare la casa”. Dopo essersi paragonato a un diluvio, ora si dipinge come un ladro. Gesù vuole essere fastidioso, vuole inquietare. Non ha alcuna intenzione di essere il custode della tranquilli­tà dell’animo, né dell’ordine costituito. Dice, al contrario, che verrà un istante, “nell’ora che non immaginate”, in cui la domanda sul senso della nostra esistenza, sulle nostre scelte ci salterà addosso. Perciò: “tenetevi pronti”.

GESÙ “VEGLIATE, PERCHÉ NON SAPETE IN QUALE GIORNO IL SIGNORE VOSTRO VERRÀ”

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