Ho fatto il sindaco per quattro anni: mai avuto “terrore” dell’abuso d’ufficio
Quattro anni di terrore? Proprio no. Credo di non aver pensato all’abuso di ufficio nel tempo in cui sono stato sindaco. Conoscevo la norma del codice penale e la necessità di applicarla in modo che non ledesse la libertà di azione degli amministratori e la discrezionalità del loro potere.
Per ridurre questo rischio, che in verità non aveva mai portato stuoli di politici e funzionari sul banco degli imputati, l’originaria formulazione fu cambiata: si vollero tagliare le unghie ai magistrati.
Ora si afferma nuovamente che occorre cambiare e si citano alcune vicende drammatiche, come la condanna dell’ex sindaca di Genova Marta Vincenzi, per giustificare l’allarme. Ma non era l’abuso l’accusa in quel caso. E non può essere una sentenza anche poco convincente a imporre modifiche di legge che indebolirebbero la repressione degli abusi.
Dunque ogni sera chiamavo il Segretario generale del Comune e con lui valutavo eventuali aspetti problematici delle delibere predisposte dagli uffici; se vi erano dubbi di illegittimità si correggevano o si respingevano.
Durante le riunioni della giunta si chiedevano spiegazioni e chiarimenti ai funzionari dei diversi assessorati, escludendo le delibere che presentassero profili di illegittimità. Era necessaria molta attenzione, specie in settori delicati come l’edilizia o i lavori pubblici. Tuttavia eravamo sereni e non immaginavamo affatto un pubblico ministero incombente sul municipio.
Avevamo molte e serie questioni da affrontare, come accade oggi al Paese, che non può farsi paralizzare da timori infondati o pretestuosamente alimentati