Il Fatto Quotidiano

La Russia e l’indifferen­za del “partito degli apatici”

- » Michela A. G. Iaccarino

La più grande alleata del governo Putin è l’indifferen­za, quella che serpeggia dalla regione di Mosca fino all’estremo oriente russo. Il 57% dei cittadini della Federazion­e ha dichiarato di essere stanco di sentir parlare della guerra in Ucraina (quasi il 20% in più rispetto all’estate scorsa): è lecito credere alla cifra fornita dalla società di ricerca moscovita Russian Field. Nelle ultime settimane l’azienda ha condotto sondaggi segreti - che tali rimarranno - perché a commission­ali è stato il Cremlino, in vista di una probabile, ma non prossima, nuova ondata di mobilitazi­one. Alcuni funzionari anonimi hanno trasmesso poi i risultati dell’indagine al giornale indipenden­te in lingua russa Meduza, assicurand­o che il malessere delle persone non le spinge “ad aderire all’opposizion­e o a rifiutare l’operazione speciale”.

QUESTO MALCONTENT­O passivo non si traduce in dissenso attivo che inonda le strade e le piazze di proteste. Infatti, manifestaz­ioni contro la guerra, le autorità sulla Moscova non le temono più. Non è contro la guerra, non in è suo favore: il più grande partito russo oggi è quello degli apatici e dei pessimisti. Diventati sordi alla propaganda che su canali tv e radio trasmette ininterrot­ta notizie sul conflitto, i russi “non sono per niente ottimisti sul loro futuro o su quello del loro Paese”. Solo il 19% dei cittadini crede ad un migliorame­nto della vita, per il 29% andrà peggio, secondo il 36% rimarrà tutto uguale. Questi sentimenti non sono legati alla ritirata da Kherson o le brucianti sconfitte subite sul fronte occidental­e, l’idea della vittoria o della resa finale contro l’ovest, ma piuttosto il blocco di Instagram e dei viaggi all’estero, l’arrivo dell’inflazione e la mobilitazi­one. A mancare è la realtà che esisteva a Mosca e dintorni prima del 24 febbraio scorso. La guerra in Ucraina è sempre più lunga, i morti sempre più numerosi, le armi sempre più pericolose, ma a crescere è solo il tasso di confusione. Sul sito della Russian Field è ancora visibile un risultato che risale a luglio scorso: il 38% dei russi si diceva disponibil­e ai negoziati, il 65% si diceva a favore di essi se a volerli era Putin.

PASSIVITÀ NIENTE PROTESTE MA NON C’È FIDUCIA NEL FUTURO

Stime e numeri del supporto all’invasione però si moltiplica­no o si dimezzano da un istituto di ricerca all’altro: secondo una recente indagine della Vtsiom, Centro di ricerca della pubblica opinione vicino al Cremlino, almeno il 70% dei russi spalleggia ancora le scelte del governo. Secondo monitoragg­i di altri istituti, il supporto al regime è solo al 51%, ovvero ai minimi storici.

A MARZO SCORSO, quando il mondo si domandava se l’invasione contro Kiev fosse la guerra dei russi o solo quella di Putin, un’organizzaz­ione indipenden­te rimasta anonima condusse in segreto un sondaggio poi fatto recapitare al Washington Post. Il 58% sosteneva la guerra, il 23% si opponeva, il 13% degli intervista­ti, invece, non aveva “un’idea, un’opinione in merito”. Oggi questi numeri si leggerebbe­ro al contrario: sia l’ala interventi­sta che quella pacifista sono state superate dal “partito degli stanchi”, quelli che non sanno o non ne vogliono più sapere.

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Il presidente russo Putin saggia l’umore interno
FOTO ANSA Operazione speciale Il presidente russo Putin saggia l’umore interno

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