.PERCHÉ NON ESISTE. .LA PAURA DELLA FIRMA.
I Corriere
l presidente del Consiglio dei Ministri, intervenendo a Bergamo all’assemblea dell’associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), secondo il della Sera del 24 novembre, ha affermato:
“Penso sia arrivato il momento di affrontare il tema della responsabilità dei sindaci: bisogna definire meglio a partire dall’abuso d’ufficio le norme penali per i pubblici amministratori che oggi hanno un perimetro così elastico che lasciano spazio a interpretazioni troppo discrezionali. Spesso i sindaci sono chiamati a scelte rischiose e c’è il fenomeno della paura della firma. Oggi l’amministratore non sa come sarà giudicato il suo comportamento, e deve essere messo nelle condizioni di firmare liberamente. Non si tratta di non impunità ma regole certe, non di salvaguardare i furbi ma di tutelare gli onesti. Il governo si metterà al lavoro per modificare una serie di reati legati alla pubblica amministrazione”.
Secondo il Corriere della Sera, il 30 novembre prossimo vi sarà un incontro tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto e i sindaci, sembrerebbe proprio in tema di abuso d’ufficio.
In un articolo pubblicato sul Fatto quotidiano del 5 marzo 2021 dal titolo: “Chi vuole uccidere l’abuso d’ufficio”, avevo riassunto la vicenda della soppressione dell’interesse privato in atti d’ufficio, fatto confluire bell’abuso d’ufficio, poi più volte modificato fino all’attuale formulazione conseguente all’art. 23 D. L. 16 luglio 2020, n. 76 dell’articolo: “323. Abuso d’ufficio. Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità”.
La “violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità” e procurare “intenzionalmente … a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero” arrecare “ad altri un danno ingiusto” esclude che possano essere ritenute di “perimetro così elastico che lasciano spazio a interpretazioni troppo discrezionali”, come invece sembra ritenere il presidente del Consiglio dei Ministri.
Nell’articolo del 5 marzo 2021 riportavo anche i dati pubblicato sul Sole 24 Ore del 16 giugno 2020 da Antonello Cherchi, Ivan Cimmarusti e Valentina Maglione secondo cui “ogni anno ci sono migliaia di procedimenti in materia di abuso d’ufficio; nel 2018 quelli definiti da Gip e Gup sono stati più di 7mila. La gran parte finisce nel nulla: oltre 6mila sono stati archiviati. Le condanne sono poche - nel 2017 a fronte di oltre 6.500 cause, l’istat ne ha contate 57”.
Quindi, se in un anno ci sono 57 sentenze di condanna su “oltre 6.500 cause” (sarebbe meglio dire notizie di reato) su svariate centinaia di migliaia di pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio che operano in questo Paese, mi sembra difficile credere che ci sia paura della firma.
Tuttavia, se ci sono così tante denunce per abuso d’ufficio, a me sembra che il problema non sia quello di modificare ancora la fattispecie penale, ma quello di comprendere perché le persone presentano così tante denunzie. Probabilmente queste sono segno dell’insoddisfazione per l’attività della pubblica amministrazione (ma anche dell’amministrazione della giustizia) e dell’insufficienza di altre forme di tutela efficace e rapida dei diritti dei cittadini.
A meno che il presidente del Consiglio dei Ministri, più che all’abuso d’ufficio (citato solo come inizio), si riferisse soprattutto ad altre “norme penali per i pubblici amministratori che oggi hanno un perimetro così elastico che lasciano spazio a interpretazioni troppo discrezionali”. Allora ci sarebbe da preoccuparsi, perché in molte di queste altre norme sono previsti reati gravi come peculato, concussione, corruzione (ma anche omicidio colposo) e altro. Queste disposizioni sono simili a quelle degli altri Stati, in quanto previste da convenzioni internazionali e modificarle comporterebbe probabilmente rilievi da parte di organismi internazionali.
L’italia già non gode di buona fama in tema di corruzione, non è opportuno peggiorare la nostra immagine sul piano internazionale, tornando all’abolizione delle fattispecie penali, come accaduto in anni passati.
Sarebbe invece opportuno dare completa esecuzione alla convenzione Onu di Merida contro la corruzione, con disposizioni attuative delle operazioni sotto copertura. Infatti, dopo l’introduzione di tali operazioni anche per i reati contro la pubblica amministrazione, non ne sono state effettuate.
Con le operazioni sotto copertura (in cui un ufficiale di polizia giudiziaria si inserisce sotto diversa identità in un mercato illegale ed anche quello della corruzione lo è), sarebbe possibile prendere i ladri con le mani nel sacco, tanto più che il sacco del Pnrr appare rigonfio di denaro.
Giusto per non salvaguardare i furbi, ma tutelare gli onesti!
NEL MIRINO Se, su migliaia di procedimenti avviati, ne arrivano a condanna in poche decine, quale timore possono avere i sindaci? A meno che il vero obiettivo non sia depenalizzare reati più gravi