Chitarre, spinelli e Colosseo: “ottanta” auguri Re Hendrix
Oggi è il compleanno “tondo” del fenomeno della chitarra. Nel 1968 venne in Italia E Dodi Battaglia suonò prima di lui a Bologna: “Su quel palco ho assistito al dio del rock-blues”
Un ex fisarmonicista di 16 anni sul palco del palasport di Bologna, 26 maggio 1968. “Avevo comprato la mia prima chitarra. Prezzo centomila lire. Una Eko di madreperla, modello Shark Cut: sul corpo un taglio che pare il morso di un pescecane”. È lo stesso esemplare che Dodi Battaglia usa adesso nel tour teatrale scritto insieme a Fausto Brizzi. Una tra le 60 chitarre con cui racconta la sua carriera. A partire da quel giorno. “Ero con la mia band, i Meteors. Dissi: io so fare Foxy Lady. Me la cavai: il pubblico non mi menò, e neppure lui. Ne deduco che non mi abbia sentito”. “Lui” era Jimi Hendrix. I Meteors dell’adolescente Battaglia si esibivano, tra altri “complessi”, prima del concerto pomeridiano del marziano di Seattle, che oggi avrebbe compiuto 80 anni. Dodi ricorda: “Il suono era un casino. E Jimi non pareva a suo agio gli amplificatori che non andavano a regime, colpa degli hertz che in Italia avevano una frequenza diversa. Però nessuno poteva negare fosse un dio del rock-blues. Allo show della sera andò molto meglio: sugli spalti c’erano quegli stronzetti con la puzza sotto al naso degli ‘orchestrali bolognesi’, come direbbe De Gregori. Erano venuti per deridere il ‘negro che suona ad alto volume’, restarono a bocca aperta”. Come tutti quelli che ebbero la buona sorte di assistere alle date del tour italiano di Jimi, nel catartico maggio del Sessantotto. Il giro, che si inaugurava da Milano giovedì 23, non era cominciato sotto i migliori auspici: la strumentazione della Experience, il trio hendrixiano, era rimasta bloccata alla dogana di Malpensa. Lui aveva deciso di recuperare il jet-lag del volo da Miami concedendosi una pennichella nella stanza al Windsor hotel, scatenando l’ira di Leo Wachter, proprietario del Piper meneghino (al piano interrato della Triennale) perché il primo spettacolo veniva forzatamente cancellato. Alla sera, finalmente, il debutto di Hendrix, con corollario peace&love. Una modella americana, Luna, fidanzata con Victor Sogliani, presentò a Jimi Ines Curatolo, che animava la scena underground milanese. Come finì? Ce lo racconta Maurizio Vandelli: “Fu mio l’onore di ospitare nella casa-comune della nostra band, in via Bodoni, il signor Hendrix. Rollava in continuazione, ebbe un flirt con una ragazza, del giro di Victor”. Ines. Vandelli fece sentire all’ospite “un disco dell’equipe 84 dove imitavo un suo assolo, con risultati penosi. Non si adombrò”. Al mattino del 24 partenza per Roma. Quattro concerti (due quel giorno e altrettanti il 25) al Teatro Brancaccio, dove tuttora campeggia sulla saracinesca il volto del “voodoo child”. Ad aprire i set (biglietti da 1.500 lire, tutto esaurito) il corpo di ballo di Franco Estil. Tra i danzatori, Loredana Bertè e Renato Zero. “Eravamo in otto”, ricorda Renato. “Allargammo le braccia verso il fondo del palco. Entra ‘sto capellone riccioluto che suona coi denti e non resta fulminato, non capivamo come fosse possibile”. L’amplificazione salta in continuazione, l’impianto elettrico non è all’altezza. Però Hendrix ci dà dentro. Stupisce i fans romani (tra questi Carlo Verdone) infine decide di avere ancora fame di blues: fa notte in un altro locale, il Titan, per una jam-session senza fine. All’alba, spinto dentro una 500 in cui c’è anche Patty Pravo, il giro della capitale. Davanti al Colosseo Jimi apre il tettuccio, si alza ed esclama: “Voglio una casa qui dentro!”. Non sarebbe mai accaduto, ma l’imperatore della sei corde si era già guadagnato fama eterna.