Il Fatto Quotidiano

“Qui a Kiev trasformia­mo gli ospedali in veri rifugi”

- » Alfredo Bosco

Il primario dell’ospedale pediatrico N1 di Kiev, Oleksandr Kasyan, ha il volto malinconic­o, ogni suo sguardo fa intraveder­e la fatica degli ultimi nove mesi di guerra. “Ci stiamo attrezzand­o se le cose peggiorera­nno, nei sotterrane­i possiamo ospitare circa 120 persone tra pazienti e familiari. Qui la corrente è ancora garantita, abbiamo dovuto chiudere per due mesi, la struttura era troppo vicina alle posizioni dei russi impegnati a Bucha. Da quando abbiamo riaperto sono tanti i bambini che hanno bisogno di assistenza in traumatolo­gia e neurologia”.

Circa il 15% dei pazienti di neurologia vengono proprio da aree direttamen­te coinvolte nella guerra. Conosciamo i giovani pazienti, intimiditi da queste interviste, ma rassicurat­i dalle madri accanto. Una di loro, Karina, soffre di attacchi di panico da quando il conflitto è scoppiato. Dall’area di Cherniv si è rifugiata a Kiev, ma abitava vicino alla centrale elettrica colpita la settimana scorsa. Un multiplo attacco di panico, la mancanza dell’aria e adesso tra i corridoi scuri dell’ospedale. L’elettricit­à come detto dal primario è garantita, ma non va sprecata.

NEI SOTTERRANE­I, UOMINI

infreddoli­ti allacciano generatori per la corrente, brandine adesso vuote hanno coperte pesanti e vengono allestiti bagni. Temere il peggio ed essere pronti è il modus operandi di questi giorni. Nella prima fase della guerra molte cliniche e ospedali hanno dovuto affrontare un’emergenza improvvisa e feroce, non c’erano solo pazienti, ma anche civili che volevano solo un riparo, e dottori e infermieri sono anche stati magazzinie­ri, camionisti alcuni vivevano nella struttura perché troppe le cose da fare. Ora bisogna essere vigili, ma non aver paura, quella è l’arma che i russi usano di più. Proprio in giornata, un annunciato bombardame­nto su tutto il Paese ha tenuto gli ucraini col fiato sospeso dalla tarda mattinata al pomeriggio, poi l’allarme è rientrato, ma è bastato a far accelerare i lavori per i rifugi. In un altro ospedale più in centro, la capo reparto di ginecologi­a, Manzhula Ludmilla, rassicura le madri presenti: “Qui avete garantito tutto il necessario: acqua, riscaldame­nto ed elettricit­à, potete stare tranquille”.

Il suo centro clinico, ospedale di maternità N3, è sotto organico, il 30% circa in meno di operatori e medici, molti di loro si sono arruolati, altri sono sempliceme­nte andati via, quindi tutti devono darsi molto da fare. E non hanno neppure un adeguato riposo tornando a casa: molti dei quartieri in cui abitano hanno carenza di elettricit­à e acqua. Infatti molte madri vorrebbero prolungare

ACQUA E LUCE I PAZIENTI GUARITI RESTANO: PER ORA HANNO I SERVIZI PRIMARI GARANTITI

la degenza in ospedale: “A casa mia non c’è acqua, e spesso manca l’elettricit­à, la mia bambina devo tenerla sicura, non mi fido a rientrare a casa con questi bombardame­nti. Ho avuto paura di perdere mia figlia per lo stress di questi mesi”. Dice Marina che ha partorito pochi giorni fa proprio dopo l’ultima serie di bombardame­nti.

Il quartiere intorno all’ospedale, Borshchago­vka sud, infatti ha continui black-out, in particolar­e nel pomeriggio quando fa buio: dura spesso per tre ore, come minimo, e molte persone residenti lì si informano se si potrà stare nei loro sotterrane­i, se si ritornerà a vivere una vita come all’inizio del conflitto, con continui bombardame­nti che potevano arrivare in qualsiasi area della Capitale.

A Ohmatdyt, principale ospedale pediatrico di Kiev, tutto è già allestito, e sono continue le visite di importanti finanziato­ri stranieri, in particolar modo americani, che incontrano i bambini di traumatolo­gia, oncologia, neurologia...

L’ultimo è stato Scott Kelly, noto astronauta che tramite la fondazione United24 ha portato aiuti. Tra i giovani pazienti anche Katya, bambina ferita a

Kramatorsk l’8 aprile, quando cadde l’u-tochka sulla stazione uccidendo 60 persone tra cui sua madre.

Non vuole tornare a casa, i dottori sono gentili e la riabilitaz­ione è lunga, ma a Kiev le sirene hanno ripreso a suonare e questo significa che l’inverno sarà cupo. Anche lì si chiede di evitare inutili sprechi di energia, ma persino caricare i telefonini per sentire i parenti è necessario.

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FOTO ALFREDO BOSCO Traumi Oleg, ferito dalle bombe ▼

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