Opzione Donna e Rdc sono misure necessarie
Vorrei fare una riflessione sull’opzione donna così come inizialmente approvata in Cdm partendo dalla scelta del Governo, più che discutibile, di non erogare per gli “occupabili” il RDC (a partire dall’autunno del 2023). Scelta esiziale e miope dal momento che è pacifico come gli occupabili siano lavoratori poveri, cittadini fuori dal mercato del lavoro da anni, con titoli di studio poco qualificanti oppure residenti in quelle regioni a più alto tasso di disoccupazione.
Ora, se la critica al governo Meloni su questa scelta è più che giustificata, non capisco perché, data l’arretratezza strutturale del nostro Paese (e che rende più che necessario uno strumento di sostegno ai più svantaggiati) queste considerazioni non si debbano applicare anche all’opzione donna (almeno così come inizialmente immaginata) la quale non fa altro che prendere atto delle disuguaglianze, anche dentro lo stesso genere, presenti nel Paese. Perché, è altrettanto pacifico, che nel nostro Paese sono le donne a sobbarcarsi il peso della gestione della casa, nonché il lavoro di cura (invalidi, anziani e figli) e che, a causa di politiche di conciliazione ancora assenti, questo doppio o triplo lavoro in qualche modo deve/dovrà essere riconosciuto. Certo, non è molto; si tratta di un piccolo riconoscimento futuro.
Il Pnrr ha la grande occasione di offrire al nostro Paese l’opportunità di ridurre le disuguaglianze e produrre benessere con riforme del mercato del lavoro che creino valore aggiunto invece che illusoria crescita frutto del taglio agli stipendi o, ancora, ridurre il gap di genere attraverso l’offerta di servizi quali asili nido (ma dove effettivamente servano) anziché sprecare risorse in costose opere di dubbia utilità (quali L’AV Salerno-reggio Calabria).
Ma, in attesa (e nella speranza) di questo RDC e Opzione donna sono misure che, guardando in faccia la realtà, si rendono, rispettivamente, necessarie e auspicabili.
ALESSIO FRANCONE