IL RAPPORTO CENSIS O L’AGGETTIVO MAGICO
✱IERI, FINALMENTE, è stato presentato il 56esimo rapporto annuale dell'azienda familiare detta Censis. Si tratta di un ponderoso volume in quattro parti in cui l'istituto fondato e presieduto da Giuseppe De Rita prova a descrivere come sta messa l'italia all'esito di un lavoro sfiancante fatto di migliaia di colazioni al bar col giornale fatte dai molti ricercatori del Censis: il rapporto è, infatti, una perfetta miscela statistica e sociologica di decine di conversazioni udite mentre si ordina un caffè leggendo pazientemente i meglio editorialisti del Paese dei diminutivi, fondato com'è sul lavoretto e la libertà di pensierino. Il ponderoso rapporto è sempre introdotto da una breve nota che, spenglerianamente, riassume un intero Paese in un aggettivo o due, più qualche formuletta di rito (o De Rita), dando così l'abbrivio a pensose articolesse e, volendo, non meno comprese chiacchiere tv di gente che il rapporto non l'ha letto. Volete sapere come sta l'italia? Basta ricorrere al generatore di aggettivi del Censis: nel 2009 era “in apnea”; nel 2010 “appiattita” e non riusciva a ripartire; nel 2011 “fragile, isolata ed eterodiretta”; l'anno dopo “sopravvive”, ma è un po' incazzata. E nel 2013? Pronti: “Sciapa e infelice”. Nel 2014? “Impaurita”, “sfiduciata”, “corrosa”, dedita a una cosa chiamata “attendismo cinico”. Nel 2015 il Paese era “in letargo esistenziale collettivo”, ma certi gruppi erano ripartiti. Nel 2016 gli italiani, “ricchi ma sfiduciati”, s'erano buttati nella “seconda èra del sommerso”. Nel 2017 l'italia era “rancorosa”, nel 2018 “incattivita” e in preda a una cosa detta “sovranismo psichico”. Nel 2019, invece, era “ansiosa” e “macerata dalla sfiducia” e gli italiani badavano solo alla “solitaria difesa di se stessi”. Il 2020, manco a dirlo, fu “l'anno della paura” e l'italia era “una ruota quadrata che non gira”, nel 2021 invece eravamo una “società irrazionale”, “fobica” e “negazionista” e quest'anno siamo una nazione “post-populista”, “malinconica”, “spaventata” dalla guerra e dalle bollette, ma con una “rinnovata domanda di prospettive certe di benessere” e però con una tendenza alla “passività”. E comunque finalmente è arrivato il freddo eh. Certo che le mezze stagioni non esistono più. Un caffè, grazie.
MARCO PALOMBI