Quell’esodo low cost dei proletari dell’abuso: “Ma siamo incolpevoli”
Gli esodati della sfortuna prendono posto su uno scuolabus giallo oro, con i sedili piccini del “Giardino dell’infanzia”. I nuovi figli della paura fanno la fila per imbarcarsi. È un esilio low cost: solo bagagli a mano, tre giorni al massimo durerà l’allerta con quel che ne sta seguendo. Casamicciola è la scenografia puntuale, dove le sciagure è come si ritrovassero e si doppiassero e un po’ si accoppiassero finanche. Ida, per esempio, parla della sua sfortunaccia: è bis-sfollata, bis-danneggiata e bis-traghettata verso il palazzetto dello sport di Forio. “La mia casa dondolò col terremoto e si lesionò. Neanche un euro di risarcimento, zero carbonella. Adesso è stata inondata dal fango, e vi faccio vedere che pure verrò trattata male. Perché io sono fra i cattivi, quelli che non potevano costruire e invece l’hanno fatto. Come se avessimo scelto di vivere sotto la montagna. Dove dovrei andare se lì ho avuto dai miei genitori la casa? Fatemi il piacere va!”.
ISCHIA, L’ISOLA VERDE, l’enorme piattaforma della florida economia napoletana, si guarda allo specchio e si ritrova incolonnata verso la paura. Stefania, cameriera d’albergo, arriva al punto: “Quando alzo gli occhi, vedo le montagne e mi accorgo che sono graffiate, capisco anch’io che sono pericolose. La mia parrucchiera aveva il negozio là sotto: dico la verità, ho smesso di andarci. Ma secondo lei la parrucchiera non aveva paura? Se avesse potuto non sarebbe andata via?”.
Dodici morti, undici ritrovati e tutti giovani. Giovanpaolo, il più piccolo, aveva venti mesi. “La cosa che ha dato più fastidio è stata questa accusa corale, anche un po’ violenta di essere tutti abusivi, diciamo la verità un po’ farabutti”, racconta Tonino Miccio, direttore del parco marino. “Con i morti sotto terra e il dolore e l’angoscia, neanche un gesto di solidarietà, un minimo senso di cordoglio. Ci hanno detto: ‘Ve la siete cercata’”, dice Francesca, cuoca graziata da Zeus. L’acqua ha deviato davanti al suo ristorante. Lei è un’altra dei milletrecento sfollati oggetto di quello che il commissario di governo, Giovanni Legnini, dichiara essere un piano “speditivo”. Una misura spiccia, urgente per allontanarli dal pericolo e tenerli fino a domenica in luoghi più sicuri. “Ischia è divenuto il campo da calcio di due tifoserie contrapposte: Renzi doveva inguaiare Conte e per accusarlo ha inventato abusi inesistenti. Negli ultimi cinque anni nessuno ha costruito nulla, è una realtà inventata di sana pianta. Perciò gli ischitani sono offesi, perché vivono come un’ingiustizia questo stigma”, dice il direttore Miccio.
Tra gli evacuati ci sono, ammesso che possiamo chiamarli così, i proletari dell’abuso, coloro che avrebbero meno colpe da scontare: “Figli e nipoti che hanno ricevuto in eredità un guaio, non una fortuna, questa casa mal fatta e mai condonata. Non hanno avuto la possibilità di farsene una nuova, in un posto più bello. Io dico che sono innocenti”, garantisce Benedetto Valentino, la memoria storica di Casamicciola. Continua: “L’abusivismo di lusso ha prodotto alberghi, l’élite si è fatta le ville, naturalmente sicure, e tanti sono coloro che hanno sfidato la legge per la loro seconda casa, vivendo altrove. Non sono ischitani, ma rapinatori di professione”. “Faccio l’architetto e devo dire che la coscienza comune è visibilmente mutata. Il terremoto del 2017 ha fatto capire anche ai più testardi che bisognava sterzare, cambiare. Perciò ha fatto più male delle altre volte quest’accusa”.
Non c’è un luogo di Ischia che non sia travolgente, con una bellezza così intensa, virtuosa e non c’è un punto dove l’argilla non ricordi che si sta seduti sopra a un vulcano. Ischia ha un’economia formidabile, anche se sporcata dalle correnti marine del golfo criminale. “Nel dopoguerra avevamo 52 alberghi, adesso 500 sono i luoghi di ristoro e di riposo”, ricorda Valentino. Il serbatoio finanziario che fa volare Ischia è figlio dei super finanziamenti del dopo terremoto che colpisce Campania e Basilicata nel 1980. Napoli è la capitale politica d’italia e sui traghetti che la separano dall’isola verde vengono trasportate vagonate di provvidenze. Sono i contributi a fondo perduto dedicati alle infrastrutture economiche, all’industria alberghiera, alla riparazione (vera o fittizia) delle case per i danni subiti dal terremoto che quella volta aveva colpito solo l’appennino, l’interno e non la costa. È però a ridosso del 1980 che il polmone dell’abusivismo diviene macchina che macina traguardi. È a quel tempo che i costoni d’argilla delle montagne ischitane, le pendici vulcaniche che guardano il golfo si imbrattano di cemento. Villoni a sud, è l’élite che costruisce, e case, casette, stanze, sottoscala, aperture, superfetazioni crescono e si ingrassano verso le pieghe più alte dei costoni. “Quel movimento finanziario, quel grande doping guasta l’anima dell’isola”, segnala Valentino. Arriva la camorra con i suoi boss e le sue necessità, le sue pacchianerie e i suoi investimenti. “Noi ischitani abbiamo ritrovato il senso del bene comune dopo che il terremoto di cinque anni fa ci ha ammoniti. Perciò siamo stati offesi da questa volgare campagna mediatica e politica, farci sembrare ciò che non siamo”, ripete l’architetto Verde. E il sindaco di Lacco Ameno, Giacomo Pascale: “Quello che ho sentito su Ischia è stato un racconto vecchio, come il mondo si fosse fermato a ciò che è stato”. A Bergamo – dicono nei corridoi del comune – se ne sono contati negli ultimi mesi addirittura più irregolarità di tutta l’isola. Il problema adesso è questa nuova paura, questa sfortuna che insegue e contagia. “E ditemi: anche la montagna è abusiva?”, domanda Giuseppe Ianniciello, dopo aver sistemato i farmaci che gli servono per tenere a bada un grave scompenso cardiaco nello zaino.
Il commissario Legnini dice che sono solo tre giorni: da stasera, quando la pioggia si farà più fitta, a domenica. “E poi? Fammi capire se faranno tutta zona rossa dove diavolo andiamo a finire noi?”. “Avete un’altra isola? Parliamoci chiaro: siamo sessantaduemila qua sopra. E siamo troppi. Almeno ventimila di troppo. E sa perché? Perché non abbiamo permesso che la nostra isola fosse la dependance dei ricchi, perché gli ischitani non se la sono venduta”, Giuseppe prima di imbarcarsi.
Cala la luce appena dopo pranzo, una nebbiolina luttuosa avverte che la giornata sarà più buia del solito.
GLI SFOLLATI “QUI NOI ABBIAMO EREDITATO CASE E GUAI”