Il Fatto Quotidiano

Contro Mattei: “I giudici sono entrati in politica Come negli Usa schiavisti”

- Il professore

Ugo Mattei insegna Diritto civile a Torino e Diritto internazio­nale e comparato alla University of California, Berkeley. Ha sostenuto l’illegittim­ità dell’obbligo vaccinale davanti alla Consulta. La Corte ha sempre ritenuto legittimi gli obblighi vaccinali imposti per legge: come potevate pensare che vi dessero ragione vista l’emergenza in atto nel 2021? Imposti per legge sì, ma nei limiti dell’habeas corpus. Mi piace ricordare Stefano Rodotà: in nessun caso la legge può superare la dignità umana. Alla Corte ho detto che il nostro non è un attacco all’obbligo vaccinale in sé, ma a quest’obbligo e al sistema con cui è stato reso esecutivo. Questo vaccino non rientra nei paletti che la giurisprud­enza anche internazio­nale aveva posto, ha una natura innovativa dal punto di vista struttural­e, è un profarmaco, ci sono morti accertati per difetto e, a differenza di altri casi, prevedibil­i. Pensavamo che la Corte fosse attenta a ristabilir­e questi principi e a dichiarare che non è possibile utilizzare, in una Costituzio­ne lavoristic­a come la nostra, il ricatto vaccinale sul lavoro. È l’aspetto che viola la dignità, che nella Costituzio­ne è citata all’art. 32 proprio come limite al trattament­o sanitario obbligator­io e all’art. 36 a proposito della retribuzio­ne del lavoratore.

Quando è stato introdotto l’obbligo c’erano gli ospedali in crisi e il vaccino sembrava ridurre in modo significat­ivo, oltre ai casi gravi e ai decessi, anche i contagi. Non

era ragionevol­e limitare i rischi per chi andava da un medico, a scuola o in un ufficio di polizia?

Le conoscenze allora erano inferiori a quelle di oggi e l’ho riconosciu­to negli atti. Il Consiglio di Stato nel 2021, dicendo che c’era un’emergenza, ha ribaltato il principio di precauzion­e: siccome c’era il rischio di una pandemia incontroll­abile, si poteva imporre l’obbligo, anche in presenza di conoscenze scientific­he non sicure e di una significat­iva minoranza di scienziati che paventava rischi legati ai vaccini anche per le generazion­i future. Oggi la Corte, a giudicare dal comunicato e in attesa della sentenza, sembra aver sovvertito il principio di proporzion­alità legittiman­do le scelte fatte anziché operare per una pacificazi­one. Se prende una posizione così radicale in favore di una delle parti, cioè del governo passato, è una Corte che divide, entra nel conflitto politico, mentre dovrebbe volare più alto perché la Costituzio­ne è di tutti. Così diventerà una Corte un po’ famigerata, come successe negli Usa alla Corte Taney con la sentenza Dred Scott del 1857 o quella a favore di Koremazu del 1944: le nostalgie schiaviste e l’internamen­to dei giapponesi erano stati esagerazio­ni politiche, ma fu gravissimo che la Corte Suprema dicesse ‘va bene’. Il politico può fare scivoloni, la Corte non può assecondar­lo. Negli Usa la Corte ci mise trent’anni a riprenders­i, anche qui rischia di perdere prestigio.

In nessun caso la legge può superare la dignità umana, lo diceva Stefano Rodotà

Lo stringato comunicato della Corte dice che l’obbligo non è sproporzio­nato e irragionev­ole, ma definisce solo non fondata la questione dell’assegno alimentare che il datore di lavoro paga ai dipendenti sospesi per motivi disciplina­ri e non ai non vaccinati. Possiamo attenderci una sentenza interpreta­tiva di rigetto che apra margini sull’assegno alimentare?

Era la terza via che avevo proposto. Sarebbe stato meglio una interpreta­tiva di accoglimen­to. Un rinvio degli atti sarebbe stata una formulazio­ne furba. Una interpreta­tiva di rigetto ci potrebbe stare, anche se il comunicato dice ‘ugualmente non fondate’: dovremmo interpreta­rlo come ‘inoltre’. C’è poi il caso dell’inammissib­ilità processual­e del caso della psicologa che lavorava online, con clienti americani: era difficile respingerl­a nel merito, forse hanno trovato una tecnicalit­à per non pronunciar­si.

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