“La scelta”, il doc “proibito” di chi dice di no al Tav
“Posso prendere delle bastonate, posso prendere dei gas, possono rinchiudermi in prigione, ma val la pena per le idee che ho sopportare queste cose. E sono disposto ad andare avanti fino a sacrificarmi, se è necessario. Come me penso molti altri: oramai la nostra scelta di vita l’abbiamo fatta”. Così l’attivista No Tav Paolo Perotto ne La scelta, il bel documentario che Carlo A. Bachschmidt ha dedicato al movimento che si oppone alla realizzazione della linea ferroviaria in Val di Susa.
L’anteprima al 40° Torino Film Festival è stata osteggiata dal sottosegretario all’università e alla Ricerca Augusta Montaruli (FDI), che imputa al direttore Steve Della Casa “‘consonanza ideale’ con chi attacca ogni giorno operai e polizia e ulula pure alla repressione dello Stato, dimenticando che è proiettato grazie al contributo pubblico”.
BACHSCHMIDT, che sul G8 di Genova aveva realizzato Black Block nel 2011, non ne fa una questione ideologica, di cui pure condivide le istanze, ma punta ad allargare il campo in senso sociologico e, diremmo, antropologico, con due direzioni: verso gli attivisti, il cui impegno – dai processi al carcere, fino alle esperienze da foreign fighters nel Rojava – tracima l’avversione per la Torino-lione; verso il pubblico, che non è oggetto di proselitismo, bensì destinatario di un mosaico del movimento attraverso le sue tessere umane. Da Luca Abbà, che rimase quasi folgorato su un traliccio durante una protesta a Chiomonte nel 2012, a Nicoletta Dosio, che a 73 anni è stata detenuta alle Vallette per evasione dai domiciliari a Bussoleno, fino a Davide Grasso, che tra 2016 e 2017 ha affiancato i curdi in Siria contro lo Stato islamico e “sia combattere che non combattere sono due scelte sbagliate”. Girato nel corso di dieci anni, tripartito in Forza, Coraggio e Gioia, in ossequio alla lettera inviata ai compagni di lotta dal convalescente Abbà, prende in rassegna anche i fallimenti, pubblici – il tentativo di fermare la
Tav per via istituzionale, complice l’appoggio del M5S – e privati – la fine della relazione tra Abbà ed Emanuela Favale, da cui è nato un figlio. Sostiene Luca, “sta all’individuo soltanto la ricerca della propria felicità”, e lungi dall’essere viatico all’individualismo ne La scelta è percorso collettivo, polifonia se non sinfonia. Instant cult la scena con le arzille e autoironiche attiviste che pregano nottetempo davanti ai militari, il doc contempla l’esito processuale nel 2014 dei quattro anarchici accusati di terrorismo per il danneggiamento del compressore del cantiere di Chiomonte. Ma il tema politico è ancor più stringente – il cuore – e dirimente: Luca, Nicoletta e compagnia non hanno mai avuto interlocutore altro che la Polizia, l’unica risposta dello Stato alla protesta, derubricata a mera questione di ordine pubblico. Anche questa una scelta. Alla produzione e distribuzione del film ha collaborato Zalab, per richiedere una proiezione: lascelta.ilfilm@gmail.com.
Presentato a Torino e osteggiato dal governo, è un bel lavoro pure sociale