Il grande ritorno del commissario Ricciardi, nel 1939 delle leggi razziali
Due ventenni, immobili e stesi per terra nell’atto supremo dell’amore, dietro una siepe. Due amanti cadaveri. A lui hanno sfondato la testa. A lei reciso la gola. Chi sono? A scoprirlo sarà il commissario Luigi Alfredo Ricciardi. Sì, proprio lui, che torna dopo il congedo doloroso di tre anni fa, nel 2019. È la strenna natalizia che Maurizio de Giovanni dona all’innumerevole popolo di adepti del poliziotto dannato dal fatidico “Fatto”, cioè dall’“eterna condanna” di “vedere” i morti “per fatti violenti” nell’ultimo istante della loro vita. Il commissario si era finalmente sposato con Enrica, ma lei era morta partorendo Marta, la loro meravigliosa bimba che adesso ha cinque anni e una sensibilità non comune, al punto che il papà sospetta di averle trasmesso la condanna del “Fatto”.
SIAMO SEMPRE
in epoca fascista. Stavolta un anno dopo le infami leggi razziali, nel 1939. A Napoli, come in tutta Italia, il clima è sempre più cupo. A collaborare con Ricciardi, al solito, ci sono il brigadiere Raffaele Maione e il medico legale, nonché indomito antifascista, Bruno Modo.
Caminito
Anche il ragazzo ucciso era contro il Duce. Un genovese di nome Paolo Parodi, primo ufficiale su una nave ancorata nel porto di Napoli. Ma per il commissario non sarà facile risalire all’identità della donna e capire il movente del doppio omicidio. Nel frattempo “la belva italiana e il suo compare tedesco hanno cominciato la gara a chi fa peggio”. Caminito è romanzo giallo, politico e d’amore, intriso della consueta umanità che De Giovanni sa infondere nei suoi personaggi, anche quelli “cattivi” come il capo della polizia politica di Napoli. La bella Livia, poi. Che dall’altra parte del mondo, canta il suo dolore con un tango. Caminito, appunto.